Jair Bolsonaro (foto LaPresse)

Il "Truce" Bolsonaro ipoteca la vittoria in Brasile

Maurizio Stefanini

Il candidato dell'estrema destra è andato vicino all'elezione diretta al primo turno con il 47,6 per cento. Al ballottaggio contro Haddad basterà il minimo sforzo

“Il 28, tutti al mare”, aveva detto Jair Bolsonaro ai giornalisti che lo aspettavano davanti al seggio in cui era andato a votare. Invece, il 28 ci sarà comunque un ballottaggio, tra lui e il candidato del Partito dei lavoratori (Pt) Fernando Haddad. Ma la vittoria al primo turno l’ha sfiorata davvero, con un 47,6 per cento che è almeno una decina di punti sopra le cifre più ottimistiche previste dagli ultimi sondaggi. Bolsonaro insiste comunque che in realtà lui ce l’aveva fatta e che a riportarlo sotto il 50 per cento sarebbero stati i brogli. “Abbiamo ricevuto molte denunce”, ha detto. È una affermazione smentita dalla ex presidente del Costa Rica, Laura Chinchilla, che era alla testa della missione di osservazione elettorale dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa). Secondo lei invece il processo elettorale si è svolto con “normalità” e il sistema di voto elettronico utilizzato si sarebbe rivelato “sicuro”. Semmai, secondo la stessa Laura Chinchilla, a preoccupare l’Osa sono le fake news che hanno costellato la campagna elettorale, e di cui proprio i sostenitori di Bolsonaro sono stati accusati di essere i principali fabbricatori. In particolare via Whatsapp.

 

 

Anche Haddad con il 27,97 per cento dei voti ha ottenuto più di quando gli davano i sondaggi, che oscillavano tra il 21 e il 25. In particolare, Haddad ha confermato proporzioni attorno al 60 per cento negli stati del  nord-est, tradizionale roccaforte del Pt. Proprio l’afflusso di questo suffragi, anzi, ha sventato il fantasma di una vittoria di Bolsonaro al primo turno, nel momento in cui i primi dati lo davano addirittura attorno al 49 per cento. Però Haddad non è riuscito a recuperare tutte le simpatie per Lula, che prima del forzato ritiro era tra il 31 e il 39. L’impressione di disastro per il Pt sembra inoltre confermata dal particolare che la destituita presidente Dilma Rousseff nella corsa per diventare uno dei due senatori del Minas Gerais è arrivata solo quarta.

 

Va inoltre notato che Ciro Gomes, candidato della sinistra moderata, con il suo 12,5 per cento, è andato anche di qualche frazione sopra quel che gli davano i sondaggi. Insomma, a squagliarsi nella polarizzazione appare essere stato il centro favorendo così Bolsonaro. Geraldo Alckmin, presidente del Partito della Socialdemocrazia brasiliana ed ex governatore di San Paolo, si è fermato al 4,97, contro il 6-9 che gli davano i sondaggi, e il 41,64 che aveva ottenuto contro Lula al primo turno nel 2006. Marina Silva si è fermata all’1 per cento, dopo che nei primissimi sondaggi era indicata come seconda. Prima di lei è arrivato con il 2,5 per cento João Amoêdo, fondatore nel 2014 di un Partido Novo che si richiama al liberalismo classico e che intende combattere la corruzione legata alle imprese pubbliche privatizzando tutto il privatizzabile. Un candidato che neanche era stato invitato ai dibattiti tv. Da ricordare che un candidato del Partido Novo è arrivato primo, a sorpresa, con il 41 per cento dei voti nella corsa per governatore del Minas Gerais, eliminando dal ballottaggio il governatore uscente del Pt.

 

Prima di Marina Silva è arrivato anche, con l’1,3 per cento, Cabo Daciolo, un ex sottufficiale dei pompieri che sembra un clone di Bolsonaro ancora più estremista. E anche Henrique Meirelles, ex governatore della Banca centrale ed ex ministro dell’Economia che era stato candidato dal partito del presidente Michel Temer.

 

Ovviamente, sia Bolsonaro sia Haddad dovranno ora fare appello ai voti andati agli altri candidati per vincere. Ma lo sforzo che servirà a Bolsonaro appare veramente minimo, anche perché la spinta a destra appare forte in tutto il paese. Minas Gerais a parte, anche a Rio de Janeiro è in testa un sostenitore del Trump brasiliano: Wilson Witzel ha raccolto il 40 per cento. Si tratta di un ex magistrato del Partito socialcristiano (Psc) che i sondaggi davano a poco più del 12 per cento. E a San Paolo è stata eletta deputato dello stato Katia Sastre, una poliziotta diventata famosa perché mentre era in borghese vide un uomo con una pistola che stava per entrare in una scuola, tirò fuori a sua volta la pistola d’ordinanza e lo freddò. “Ho sparato e sparerei di nuovo”, era il semplice slogan elettorale che accompagnava la sua foto in divisa.

 

Haddad parla di “una opportunità inestimabile” di “unire le forze democratiche” del Brasile per una sfida elettorale nella quale sono “in gioco i nostri valori”. Bolsonaro ha ricordato “l’appoggio di settori importanti della società. Imprenditori, commercianti, leader evangelici, persone per bene che non vogliono né il socialismo né flirt con il regime del Venezuela”. Ha però promesso anche che unirà il popolo: “Uniti saremo una grande nazione”. E ha perfino citato Che Guevara, in una sorta di adattamento evangelico: “Hasta la victoria, se Dio vuole”.

 

Ballottaggio a parte, però, sarà anche importante vedere quale sarà la distribuzione di deputati e senatori. Sistema presidenziale ma fortemente frammentato dal punto di vista partitico, il Brasile vede regolarmente l’elezione di capo di Stato senza maggioranza. Di quattro presidenti eletti a suffragio popolare dal ritorno della democrazia, due sono stati destituiti da una maggioranza i deputati e senatori che gli si era rivoltata contro: Fernando Collor del Mello nel 1992; Dilma Rousseff nel 2016. Un altro è Lula, finito in galera per una serie di scandali il primo dei quali è stato appunto il mensalão: schema per cui i voti di deputati e senatori venivano letteralmente comprati. Candidato da un partito di dimensioni minime, anche Bolsonaro potrebbe avere gravi problemi sotto questo punto di vista.