Il Gru è il simbolo di un'epoca che rendeva i russi potenti perché sapevano essere segreti
L’intelligence militare di Mosca è un cimelio sovietico che compie cent’anni e che rischia di sparire per corruzione e incompetenza
Roma. Nel parlare del caso Skripal, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha detto che la Russia continua a usare “metodi sovietici”. Pochi giorni prima Jeremy Hunt, ministro degli Esteri britannico, aveva accusato l’intelligence militare russa di aver organizzato un attacco informatico a livello globale. E anche in questa accusa c’è un che di sovietico, un richiamo a un progetto staliniano. Infatti, pare che fu proprio Stalin a chiedere agli ingegneri di concentrarsi nello sviluppo di tecnologie informatiche. Il dittatore coltivava il sogno di danneggiare un paese e modificare le sorti di una nazione, a distanza. Forse sarebbe fiero di sapere che oggi Mosca è accusata di aver interferito nelle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e di aver manipolato il voto degli europei più o meno in ogni nazione.
Tutto a distanza. Molte accuse sarebbero potute cadere nel vuoto, fino a giovedì scorso, quando sono arrivate delle prove così eclatanti come quelle fornite dall’arresto dei quattro uomini, quattro russi, quattro agenti del Gru, che cercavano di hackerare i server dell’Opcw: l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche che indagava sugli attacchi chimici in Siria e anche sull’avvelenamento dell’ex spia russa, Sergei Skripal, in Gran Bretagna. Sul caso di Salisbury, già i siti d’inchiesta Bellingcat e Insider avevano fornito prove sufficienti a dimostrare che i due uomini accusati dalla polizia britannica di aver tentato di uccidere Skripal fossero due agenti segreti russi. Tutti e due dell’intelligence militare russa, uno un colonnello, Chepiga, il secondo un medico, Mishkin. Sembra un grande disegno, una costruzione piena di dettagli quasi perfetta che – quasi come il ponte di Kerch che collega la Crimea alla Russia, inaugurato da Putin prima dell’estate – improvvisamente è crollata. Del ponte è venuta giù solo la parte in costruzione, quella ferroviaria, del grande disegno russo, dell’ambizioso progetto di destabilizzazione, sembra venire già tutto, un pezzo alla volta.
Il Cremlino sta cercando delle spie interne, qualcuno dovrà pur aver parlato, come mai i documenti degli agenti segreti sono così facili da reperire?, si sta chiedendo Mosca. Crede che qualcuno abbia venduto ai due siti di inchiesta le informazioni e vuole sapere chi, ha raccontato una fonte anonima all’agenzia di stampa Rosbalt. L’architettura che il governo sta cercando di rendere perfetta dai tempi di Stalin e che improvvisamente è rimasta senza tetto, nuda alle intemperie delle inchieste e delle accuse internazionali, coinvolge uno dei servizi segreti meno conosciuti e più antichi del paese, il Gru. Glavnoe razvedyvatel’noe upravlene, Direttorato principale per l’informazione, è l’intelligence militare, il servizio segreto di tutti i servizi segreti. Talmente segreto che nessuno ne conosceva l’esistenza fino agli anni Ottanta, quando un’ex spia, Vladimir Rezun, iniziò a pubblicare sotto lo pseudonimo di Viktor Suvorov alcune opere, tre sono anche tradotte in italiano, in cui raccontava la sua esperienza nell’agenzia di intelligence. Rezun-Suvorov scappò in Gran Bretagna, dove vive ancora oggi, ma durante l’Unione sovietica aveva prestato servizio proprio nel Gru, dove lavorava anche Skripal. Nei libri racconta che non tutti erano al corrente della sua esistenza, anche alcuni membri del governo la ignoravano e nemmeno i segretari generali del partito potevano entrare nel quartier generale senza preavviso e senza essere perquisiti.
La sede del Gru rimase segreta a lungo, ora sappiamo tutti che almeno l’unità che si occupa degli attacchi informatici è a Mosca sulla Prospettiva Komsomolsky 20, lontana dalla maggior parte dei centri d’interesse della città. In tutto il panorama di costruzione e ricostruzione, di segretezza e trasparenza, nell’ansia di riformare e ricreare c’è qualcosa che, nonostante la caduta del muro e del regime, è rimasta uguale. E questo qualcosa è proprio il Gru. Creata da Lenin nel 1918, è l’unica struttura che la nuova Russia ha ereditato così com’era dall’Unione sovietica. In realtà Putin nel 2010 propose di cambiare il nome e, per un po’, almeno sulla carta è stato così. Da Gru a Gu. L’intelligence militare è la signora di tutti gli altri servizi segreti, così l’ha voluta Lenin quando ordinò alla Ceka, antesignana del Kgb, di non immischiarsi negli affari del Gru che doveva organizzare le mansioni e dare ordini alle altre agenzie di intelligence. Ora non è più così, ma rimane la più importante, anche se meno conosciuta del Kgb, che oggi è divisa in Fsb e Svr. Il Gru è la mente dei servizi segreti, risponde direttamente al capo di stato maggiore Valery Gerasimov e al ministro russo della Difesa Sergei Shoigu, gli unici due che, oltre a Putin, hanno accesso alla valigetta con i codici nucleari. Mentre il Kgb è al centro di romanzi e dei film sulla Guerra fredda, al Gru spetta un ruolo decisamente meno letterario, benché alcuni storici dicano che sarebbe talmente nobile e antico da essere stato fondato nel XVI secolo da Ivan il Terribile. La verità è che l’intelligence delle intelligence – fu Lenin per primo a insistere sulla sua indipendenza dagli altri servizi segreti – è la più odiata e la più temuta. I governi occidentali ritengono che abbia un programma di spie “illegali”, senza copertura diplomatica, che vivono con una falsa identità fino a nuovo ordine di Mosca.
Per i russi l’intelligence militare è un qualcosa di impalpabile. Rappresenta un legame antico con la storia nazionale e la Russia è sempre stata orgogliosa di avere gli agenti segreti più temuti e stimati. Il Gru compie cento anni. Non ci sono stati festeggiamenti ufficiali, nella concezione nazionale è più un’entità che qualcosa di fisico. I cittadini hanno sempre saputo che è potente proprio perché è segreta. Ora che questa segretezza è svanita, ora che l’inchiesta di Bellingcat e Insider sembra aver dimostrato che trovare degli agenti dell’intelligence militare sia così semplice – i loro nomi sono ovunque, anche il sito russo in lingua inglese The Moscow Times racconta di aver trovato su internet una delle quattro spie che cercavano di hackerare i server dell’Opcw in Olanda – la Russia inizia a pensare di non essere imbattibile. Se le accuse sul caso Skripal o sull’abbattimento del volo della Malaysia Airlines, l’esclusione degli atleti russi per doping o le sanzioni, finora avevano fomentato l’unità nazionale, constatare che qualcosa non funziona più, che la loro segretezza si è rotta è un trauma a livello culturale. Il Gru era prezioso perché segreto, era l’élite dello spionaggio russo, sapere che per corruzione o incompetenza – come scrive Aleksander Gabudev, esperto del Carnegie center di Mosca – non esiste più quella segretezza che garantiva la protezione dell’intelligence e quindi dei russi, è un evento che potrebbe cambiare molte cose in Russia. Forse non siamo davanti alla fine del Gru, o non soltanto, ma a qualcosa di molto più grande: la fine di un’epoca durata cento anni.