Gli inglesi e la felicità (perduta)
Theresa May ha nominato un ministro per la prevenzione dei suicidi. Ma la crisi sociale in Gran Bretagna è più profonda
Theresa May ha presentato una strategia per limitare il numero di suicidi, ma l'emergenza sociale in Gran Bretagna è un fenomeno più ampio e difficile da risolvere. La premier lo sa bene. L'anno scorso prima delle elezioni fu bersagliata dall'opinione pubblica per avere proposto la cosiddetta “dementia tax”. L'imposta avrebbe costretto molti pensionati della middle class a vendere la propria casa per pagare le cure mediche per alcune patologie croniche, come la demenza senile. La promessa venne archiviata non appena la May formò il governo: non c'erano né i numeri né la volontà politica per farla passare in Parlamento. Tuttavia, la premier ha continuato ad avere una particolare attenzione verso i temi sociali, che fa parte della sua retorica contro le “gravi ingiustizie” della società britannica.
Il piano May per la prevenzione dei suicidi combatte il problema alla radice. Dal 2020 ogni scuola dovrà svolgere delle lezioni obbligatorie di “resistenze mentale”. Un gruppo di psicologi e terapisti verranno reclutati da ogni istituto pubblico per parlare con i bambini, e dare loro l'assistenza necessaria. Gli insegnanti sono stati “incoraggiati” a usare dei test per “misurare la felicità” dei loro alunni. Ogni bambino dovrà rispondere a varie domande sul proprio stato d'animo e da questo verrà ricavato un punteggio complessivo da uno a dieci. Gli alunni peggiori nella “classifica del benessere”, così è stata ribattezzata, verranno messi sotto stretta osservanza perché considerati a rischio.
Le misure proposte dalla May potranno sembrare un po' eccessive a prima vista, però affrontano un'emergenza sociale a cui la premier ha dato molta attenzione. L'anno scorso la May creò un “ministro della solitudine”, con i poteri di un sottosegretario, a seguito di un rapporto critico su questo tema. Adesso il piano della premier prevede un ministro per la prevenzione dei suicidi, che verrà ricoperto dalla sottosegretaria alla Salute, Jackie Doyle-Price.
Attualmente in Inghilterra ci sono 4,500 suicidi l'anno, 90 a settimana. E in tre quarti dei casi le vittime sono uomini. I numeri sono in linea con gli altri paesi europei e molto inferiori rispetto agli anni Ottanta. Eppure, il suicidio è solo la punta dell'iceberg di una crisi sociale più profonda, di cui i giovani sono la vittima principale. I disordini mentali, inclusa la depressione, sono aumentati di sei volte in Gran Bretagna negli ultimi venti anni. Un bambino su dieci dai 6 ai 16 anni ne soffre. Il 23 per cento delle malattie diagnosticate nel Regno Unito rientrano nella categoria, a cui però viene destinato solo l'11 per cento della spesa sociale. La vendita di medicinali contro queste patologie, inclusi tranquillanti e anti-depressivi, è raddoppiata negli ultimi dieci anni. Vista la gravità del problema, non sorprende più di tanto che i disordini mentali vengano trattati dal governo come delle vere e proprie malattie. A Londra non è raro imbattersi in manifesti e volantini con i numeri telefonici delle "helpline" che danno sostegno a chi sta male.
Eppure la depressione non è un problema solo britannico. In Germania, Portogallo e Turchia la situazione è peggiore. Il Regno Unito è settimo su 25 paesi in una classifica dell'Ocse del 2017. Tuttavia, è il paese che ha preso più sul serio questo problema e in cui è diventato politicamente più rilevante. David Cameron teorizzò la “Big Society”, che proponeva di trovare un equilibrio tra il libero mercato e la solidarietà sociale. La May è andata oltre, creando delle agenzie governative per combattere questa piaga sociale. Corbyn propone di andare ancora oltre, di investire ancora più nei servizi sociali. E nel suo discorso alla conferenza laburista ha descritto una società arida e senza cuore, che “crea un ambiente ostile per i disabili”.
Nella narrazione corbiniana è tutta colpa dell'austerity imposta dai conservatori. Ma al di là della polemica politica, la vera domanda è se basterà l'intervento dello Stato per rendere i cittadini più felici e quindi meno inclini alla depressione. L'associazione per i diritti dei minori National Society for the Prevention of Cruelty to Children (Nspcc) ha detto che “i bambini non soffrono di disordini mentali solo durante la giornata scolastica. Noi riceviamo due terzi delle chiamate fuori dall'orario di scuola”. E forse non basterà una classifica appesa sotto la lavagna per guarire.