Portami a ballare
Il Regno Unito lancia la sua nuova strategia contro la solitudine: meno medicine più momenti di incontro
Quando Tracey Crouch è stata nominata ministro per la Solitudine nel Regno Unito, all'inizio dell'anno, ha iniziato a ricevere lettere. Tantissime lettere. Non c'è mai stato un ministro per la Solitudine nel Regno, e in nessuna parte del mondo, e così soltanto la possibilità di rivolgersi a qualcuno con un nome, una storia, un ruolo, un sorriso ha convinto molti a confidarsi. Queste lettere sono state il primo punto di contatto che la Crouch ha avuto con il paese, fortuna rara se si pensa alla distanza che sempre si sente tra i governi e i cittadini, e da queste confidenze è nata “la strategia contro la solitudine” che è stata presentata oggi (15 ottobre), che vuole ricostruire il tessuto sociale del Regno – il tessuto della vita quotidiana, le chiacchiere con il postino, quelle con il vicino, i corsi per incontrarsi, che siano di cucina, di ceramica, o di ballo.
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Ci vuole un grande abbraccio, diceva Jo Cox, la parlamentare laburista che è stata uccisa da un fanatico neonazista nel giugno del 2016 e che era stata la prima a creare una commissione bipartisan per studiare, conoscere e magari curare la solitudine. La Jo Cox Foundation è ancora oggi un punto di riferimento per chi si occupa di questa questione in Inghilterra, ma il governo sta cercando di fare i passi necessari per far sì che l'idea della Cox – combattere la solitudine una conversazione alla volta, un abbraccio alla volta – diventi un progetto concreto. Meno medicine e più vita in comune, si può imparare a piantare un fiore assieme e poi scoprire che si ha voglia di andare a prendere un tè insieme, o magari fare una passeggiata. I postini, in alcune aree, avranno tra le loro mansioni anche quella di chiacchierare, del royal baby che verrà o anche semplicemente del tempo, soprattutto del tempo, perché chi è solo vuole riappropriarsi del mondo che sta fuori, vuole sentire il rumore di quel che ha attorno.
Il governo inglese vuole investire nelle comunità, creando a livello locale quella connessione che virtualmente è grande ma che invece ha reso ancora più pesante il sentirsi escluso, o non ascoltato. L’impegno è rivolto a tutti, ai più anziani - sono tantissimi quelli che dichiarano: nell’ultimo mese non ho parlato con nessuno - e ai giovani, perché come diceva la Cox la solitudine non discrimina nessuno, anche se i più giovani fanno fatica ad ammettere che sono supercollegati con il mondo, a livello globale, ma si sentono soli.
C’è chi pensa che non sia compito dello stato occuparsi di queste questioni, un’intrusione scomoda nella vita di ognuno, ma quando poi si guardano i conti e il risparmio che si può ottenere nel curare la solitudine non con le medicine ma con un caffè, con un invito a ballare insieme, le critiche si affievoliscono. Imparare a parlarsi potrebbe alleggerire i costi sanitari e dare una nuova forma alle relazioni personali, che in questa stagione di polarizzazione, io contro di te e non m’importa com’è il tuo mondo, hanno bisogno di un nuovo slancio. Non basteranno i due milioni scarsi che il governo inglese stanzia per “connettere” le comunità a risolvere il problema della solitudine e questa vita per bolle che ormai è diventata la nostra quotidianità, ma cominciare da un abbraccio è promettente, in un paese che si sta sfaldando e separando e tormentando lo è ancora di più. la solitudine non è un problema esclusivamente inglese, ci sono report in giro per il mondo che raccontano quanto sia diffuso e quanto poco ce ne si occupi, abbiamo questioni sempre più grandi. Il coraggio di dire: portami a ballare, potremmo svegliarci un po’ meno arrabbiati, un po’ meno stanchi, un po’ meno soli.