Non si vira a destra. Macron fa un rimpasto di governo centrista
Nonostante le pressioni del premier, il capo dell’Eliseo nomina ministri di area MoDem e blinda con un fedelissimo l’Interno
Parigi. Dopo due settimane di speculazioni e critiche veementi da parte dell’opposizione, è stato annunciato, a Parigi, il rimpasto di governo, il terzo dall’inizio del quinquennio di Emmanuel Macron. Quattro ministri uscenti, otto in entrata, per un esecutivo che conta ora trentaquattro membri, di cui quindici provenienti dalla società civile. “Ci sono figure di sinistra e figure di destra, e ha rafforzato il pilastro centrale rappresentato dal MoDem (il partito di François Bayrou, alleato di governo della République en marche, Lrem, ndr) che è il centro di gravità della maggioranza”, ha commentato entusiasta un deputato centrista, salutando positivamente il rifiuto dell’inquilino dell’Eliseo di “virare a destra”, come voleva il premier Edouard Philippe.
“C’è stato un tentativo di mettersi in mostra da parte di Matignon, che è stato fermato”, ha aggiunto. Le divergenze tra Macron e Philippe sui nomi che avrebbero dovuto comporre la nuova équipe ministeriale sono state la causa principale di questo rimpasto sofferto e rimandato a più riprese. Philippe, approfittando della perdita di smalto della macronia, ha spinto fino all’ultimo per piazzare in alcuni ministeri strategici personalità di peso dei Républicains (Lr). Ha sostenuto Christophe Béchu, sindaco di Angers, per sostituire Jacques Mézard alla Coesione dei territori, ma Macron gli ha preferito una centrista fedele ed equilibrata come Jacqueline Gourault (MoDem). Ha tentato di dare un intero ministero all’ambizioso 32enne Sébastien Lecornu, ma quest’ultimo si dovrà accontentare del ruolo di segretario di stato agli Enti locali. E ha provato a prendersi Place Beauvau, ossia il ministero dell’Interno. Per farlo, ha suggerito il duo formato da Gérald Darmanin, attuale ministro dell’Azione e dei Conti pubblici, e Frédéric Péchenard, uno dei superpoliziotti della sarkozia, ma a Macron è venuto un colpo quando ha sentito la proposta.
Consegnare le chiavi del fortino dei segreti di Francia alla destra? “Sarebbe stato un suicidio”, dicono i macronisti, che possono ora tirare un sospiro di sollievo. Il sostituto di Gérard Collomb, dimessosi in polemica con il presidente due settimane fa, è Christophe Castaner, marcheur della prima ora che fino a oggi era responsabile delle Relazioni con il Parlamento e presidente di Lrem. Al suo fianco, come segretario di stato, Macron ha messo un uomo dei servizi segreti, nonché una delle figure più stimate e rispettate dall’apparato di sicurezza francese, Laurent Nunez, capo della Dgsi, l’intelligence interna, dal giugno 2017. “È un uomo del presidente, che gli permette di aver il controllo del ministero dell’Interno. Trasmetterà sicurezza a Castaner, perché è leale e non cercherà i riflettori”, ha spiegato una fonte vicina al governo. Alla Cultura, al posto di Françoise Nyssen, è stato promosso Franck Riester, ex Lr e fondatore del movimento politico liberale Agir. Esperto del settore audiovisivo, è un grande sostenitore della creazione di una Bbc à la française, è il contentino dato al premier Philippe per dimenticare gli altri rifiuti, ed è una delle sorprese di questo rimpasto. L’altra è l’ascesa di Gabriel Attal, 29 anni, esponente dell’ala sinistra di Lrem, chiamato a ricoprire il ruolo di segretario di stato presso il ministero dell’Istruzione guidato da Jean-Michel Blanquer. All’Agricoltura, è stato nominato un socialista cresciuto con François Hollande e Manuel Valls, Didier Guillaume, figlio di contadini, mentre alle Relazioni con il Parlamento lavorerà Marc Fresnau, pasdaran di François Bayrou. Parità, diciassette uomini e diciassette donne, ed equilibrio sono i due messaggi di questo rimpasto, che lancia ufficialmente l’anno II del quinquennio macronista.