Scusate l'omicidio
I sauditi hanno ammesso di avere ucciso Khashoggi. Erdogan, Trump e Riad mettono in scena il salvataggio del Principe Folle Bin Salman
New York. Se non fosse che è cominciato con l’assassinio di un uomo, nelle ultime quarantott’ore Arabia Saudita, Turchia e America starebbero recitando assieme un pezzo di teatro godibile. Cominciamo dai sauditi. Dopo avere negato per quindici giorni, dopo avere sostenuto che il giornalista Jamal Khashoggi era uscito incolume dal consolato di Istanbul, dopo avere detto che i quindici uomini del gruppo operativo mandato a tendere un’imboscata a Khashoggi dentro il consolato erano semplici “turisti”, dopo avere minacciato di scatenare una guerra economica e di impugnare le ricchezze del regno come una clava per punire chi chiedeva trasparenza, i sauditi hanno ammesso di avere ucciso Khashoggi durante un’operazione di sequestro finita male. Secondo la loro versione – che per ora non è ancora ufficiale, è stata soltanto passata in modo anonimo ai media americani per testare le reazioni – l’operazione di sequestro è l’iniziativa di un generale delle forze di sicurezza che ha agito senza ordini e senza un’autorizzazione dall’alto. L’importante per i sauditi è sconnettere dall’omicidio il principe erede al trono, Mohammed bin Salman, che negli ultimi due anni ha fatto piazza pulita dei suoi rivali nella linea di successione, ha lanciato un piano economico molto ambizioso chiamato Vision 2030 per rivoluzionare l’economia del paese troppo dipendente dal greggio e ha approvato alcune riforme molto applaudite, come il diritto delle donne di guidare e di entrare negli stadi e la riapertura dei cinema. Se togli Bin Salman ora c’è il vuoto e la casa regnante è disposta a sfidare il ridicolo pur di proteggere il principe. Del resto in un mondo dove Bashar el Assad dice di non sapere cosa sono i barili-bomba, l’arma icona della guerra civile in Siria, e le spie russe identificate durante un’operazione per avvelenare un disertore russo vicino a Londra dicono in tv di essere “turisti”, perché non dovrebbe funzionare?
La Turchia del presidente Recep Tayyep Erdogan è la vincitrice di questa storia. I sauditi non credevano di essere sorvegliati dai turchi e invece quelli dispongono di prove definitive, l’audio e il video di cosa è successo dentro al consolato. Sono prove così definitive che i sauditi sono stati costretti a capitolare. Attenzione però: i turchi non hanno mai dato il colpo di grazia a Bin Salman, hanno costruito il caso senza arrivare alla scena finale, hanno modulato le fughe di notizie. Hanno dato ai giornali i video che mostrano la squadra di quindici sauditi arrivare e partire da Istanbul, hanno detto della sega per le ossa (che è un’informazione non verificata che ha fatto presa su tutti e se fosse vera smentirebbe la versione del “rapimento”), martedì hanno detto che la polizia ha trovato prove dell’omicidio anche se alcune stanze erano appena state tinteggiate. E tuttavia non mostrano il video decisivo, non dicono cosa risulta dall’analisi delle fognature del consolato che hanno fatto, non mostrano il video dell’uscita della squadra saudita con alcuni sacchi pesanti. E’ come se avessero un’arma puntata contro i sauditi ed è probabile che abbiano fatto molte richieste.
Infine l’Amministrazione Trump. Si vede che c’è la tentazione da parte del presidente americano di continuare a sostenere il principe erede al trono Mohammed bin Salman contro ogni consiglio. Ha detto che comunque Khashoggi è “un cittadino saudita” come a volere prendere le distanze, ha detto che potrebbe essere stato ucciso da alcuni “rogue killers”, non meglio specificati sicari che agiscono fuori da una struttura. Martedì il segretario di stato Mike Pompeo in visita a Riad s’è fatto riprendere mentre stringeva la mano sorridente a Bin Salman. Il segretario al Tesoro Steve Mnuchin e la tv trumpiana Fox News sono gli unici a non avere ancora ritirato la partecipazione alla Future Investment Initiative, la conferenza globale in programma a Riad la settimana prossima. La parte del duro la copre a Washington il senatore repubblicano Lindsey Graham, consigliere informale di Trump per le questioni mediorientali, che in tv dice che Bin Salman dopo quello che ha fatto “è finito” e “se ne deve andare”.
Molti osservatori sostengono a caldo che questo pezzo di teatro recitato a tre – e con un finale ancora tutto da definire – non sarà sufficiente per salvare Bin Salman dalle conseguenze delle sue decisioni. I precedenti nell’area dicono che può dormire tranquillo.