Le tante facce di Kurz
Duro con l’Italia e con l’Ungheria. Ma il giovanissimo cancelliere austriaco è davvero un argine agli estremismi?
Milano. Il settimanale americano Newsweek dedica la copertina a Sebastian Kurz, cancelliere austriaco e leader del partito popolare Övp. Sopra il suo ritratto, che lo mostra con i capelli accuratamente e severamente pettinati all’indietro e lo sguardo fiero, si legge: “Austria Rising”. Dunque, l’Austria grazie a questo 32enne con una carriera da rocket man, tanto è stata veloce, si sta ridestando da un lungo sonno. Ma ora che si è risvegliata, in che direzione va la repubblica alpina sotto la guida di Kurz? A voler dare ascolto a quanto detto dal cancelliere stesso qualche settimana fa a una convention dell’Övp: “Verso il centro contro gli opposti estremismi. Abbiamo dimostrato di essere un baluardo contro ogni radicalismo”. Con l’Italia Kurz è stato molto duro: siamo una famiglia con delle regole, ha detto e ha fatto dire dai suoi ministri, e queste regole vanno rispettate, non saremo noi europei a pagare per le intemperanze del populismo italiano. E dopo che il cancelliere austriaco ha deciso di votare contro l’Ungheria di Viktor Orban al Parlamento europeo – Orban è dentro al suo stesso partito, il Partito popolare europeo – molti si sono interrogati sul ruolo che Kurz ha o vuole avere nella dialettica con i partiti di destra più estremi, con cui lui, in Austria, condivide la coalizione di governo.
Barbara Tóth e Nina Horaczek, autrici della biografia “Sebastian Kurz”, dicono che è meglio collaborare con il cancelliere, non farselo mai nemico. Ma perché? “Basta vedere come ha fatto fuori Reinhold Mitterlehner, il precedente capo del partito. Lui stesso non si è ovviamente sporcato le mani, ma ha incaricato i suoi fedelissimi a smontarlo giorno dopo giorno, finché non è stato Mitterlehner ad andarsene”, risponde Barbara Tóth, raggiunta dal Foglio telefonicamente a Vienna. Kurz è uno che fiuta il vento e gli va dietro. “E così, capendo l’aria che tira, ha fatto virare il partito verso destra, trasformandolo in una Fpö light, dunque molto più smart”. Una mossa intelligente, perché ha levato all’alleato di governo, il partito nazionalista l’Fpö, e primo tra tutti al suo capo Heinz-Christian Strache, gli incisivi più pericolosi. “I sondaggi a Vienna gli danno retta. Dagli stessi risulta, infatti, una chiara migrazione di elettori dell’Fpö verso l’Övp”, aggiunge Tóth.
Chi sia e che cosa voglia veramente Kurz è un tema che occupa continuamente dibattiti e discussioni, racconta al Foglio Christa Zöchling, giornalista del settimanale Profil e autrice a suo tempo di una biografia di Jörg Haider. “A differenza di molti miei colleghi e amici, io non sono ancora del tutto convinta della sua personale pericolosità, per quanto temi di essere smentita tra quattro anni. Comunque non concordo con la tesi che l’Fpö al governo si sia ammansita. Ci può essere una migrazione, è vero, ma verso una Övp che a sua volta si sta radicalizzando. Così come non è vero che l’ex cancelliere Wolfgang Schüssel fosse riuscito a mettere in ginocchio l’Fpö portandosela al governo. Sono state molto più lei faide interne, soprattutto tra Haider e Strache, a causare la crisi. Come è andata a finire l’abbiamo visto tutti”. Inoltre, aggiunge Zöchling, non vanno sottovalutate le continue provocazioni da parte dei ministri dell’Fpö. Primo tra tutti quello dell’Interno Herbert Kickl, che non solo insiste sulla doppia cittadinanza ai sudtirolesi, ma un paio di settimane fa ha fatto parlare di sé per un documento, nel quale “consigliava” alla polizia di non parlare più con le testate critiche verso il governo. Kurz lascia fare, salvo poi richiamare all’ordine la squadra.
Eppure il cancelliere convince sempre più austriaci. “Kurz è un pragmatico privo di qualsiasi ideologia”, osserva Zöchling. “In fondo non fa altro che riproporre uno schema di educazione che lui stesso ha ricevuto”. Kurz è cresciuto in un ambiente molto cattolico e conservatore, ancorato al valore dell’ora et labora. “Un tempo l’Övp era un partito estremamente inclusivo, c’erano i conservatori, così come frange più social-liberali. Oggi è un partito senza anima e senza empatia. Kurz quando parla sembra uno schiacciasassi”. Nei suoi discorsi sui migranti non c’è mai stata alcun empatia, solo considerazioni taglienti: “Bisogna chiudere le frontiere, e sì bisognerà mettere in conto anche qualche foto sgradevole, per ottenere questo risultato”. Ora et labora. Gli austriaci lo fanno, e perché mai dovrebbero allora pagare il conto agli italiani? Ancora ieri Kurz ribadiva: “Se la Commissione non la blocca, l’Italia prenderà in ostaggio l’Ue”. E sì che un tempo si parlava di un feeling tra Matteo Salvini e Kurz. “Ma direi che è stata una svista – replica Zöchling – Salvini non è proprio il politico con il quale Kurz ha piacere a farsi vedere”. E’ una questione di stile, continua a predicare Kurz ai suoi. “Noi non ci facciamo catturare dalla retorica dell’odio, della contrapposizione continua”. Il che porta a dire che non solo è bene non avere Kurz per nemico, ma appare salutare non considerarlo del tutto amico.