L'ordine di Angela
Merkel dà inizio alla sua successione e rilancia il suo messaggio rassicurante: non vi lascerò soli
Se il senso di responsabilità potesse avere un volto, oggi sarebbe quello di Angela Merkel. La cancelliera tedesca ha annunciato che non si ricandiderà alla guida della Cdu – il congresso è a dicembre – né a un altro mandato da cancelliera – la legislatura finisce nel 2021, e bisogna arrivarci. I tanti detrattori della Merkel che l’hanno data per finita negli ultimi tre anni hanno celebrato la loro preveggenza: avete visto, è finita! L’euforia perversa nel veder cadere un leader che ha saputo dare stabilità, coerenza, visione a tutti, amici e nemici, fa parte di questa stagione di gioie inconsapevoli e spesso controproducenti, ma la Merkel ha dato ancora una volta prova della sua unicità, nel momento dei saluti poi, arte rarissima.
Le sconfitte elettorali pesano e la cancelliera non vuole né può ignorare segnali continuativi e forti: il disamore è qui, far finta di niente non servirà a contenerlo. E così la Merkel lo ha affrontato direttamente, con il suo tono asciutto e calmo, diciotto anni alla guida della Cdu, tredici da cancelliera, ma “il voto in Assia deve essere una cesura, dobbiamo dare una possibilità alla Cdu, alla Csu e all’Spd per identificare gli elementi di pace dentro al paese e per vivere insieme”. La Merkel vuole che ci siano le condizioni per continuare a governare la Germania e se questo significa che sia lei a fare un passo indietro, eccolo, ma non è una fine, è la promessa prima di tutto di ordine e di stabilità, un messaggio rassicurante, ancora una volta: non vi lascerò soli.
Il voto in Assia, domenica, ha confermato la crisi dei partiti della Grande coalizione che governa il paese. La Cdu è primo partito, ma ha perso l’11 per cento: probabilmente formerà il nuovo governo del Land con Verdi e liberali, ma la fragilità dei cristianodemocratici è aggravata da quella dei compagni di coalizione, l’Spd che, a differenza della Cdu, sta vivendo una crisi esistenziale di grande portata. Se si guardano i flussi elettorali si vede che l’elettorato socialdemocratico sta emigrando verso i Verdi, che si conferma il partito più dinamico che c’è nel mondo moderato di sinistra. C’è anche un flusso più ridotto verso l’AfD, il partito di estrema destra che sta colorando di rosso la propria offerta politica per diventare il volkspartei, il partito del popolo (della classe media dimenticata-e-arrabbiata) in vista dei voti regionali del prossimo anno nell’est della Germania sensibile a questa trasformazione.
L’Spd, che si era tormentata sulla bontà di un’altra Grande coalizione con la Cdu, ora è a pezzi, pretende chiarimenti da parte della Merkel, anche se sa che i suoi problemi non sono certo risolvibili da un’eventuale crisi di governo – se si votasse oggi, l’Spd rischierebbe molto più della Cdu. La coabitazione a Berlino è stata distruttiva per il partito di minoranza, e i socialdemocratici che già erano contrari – l’ala giovanile in particolare – ora chiedono di rivedere ogni cosa, di rimettere in discussione il matrimonio: Andrea Nahles, leader dell’Spd, ieri ha detto che il partito deve tornare a essere “identificabile”, che ci deve essere un piano chiaro per i prossimi mesi di coalizione e che va restaurata l’immagine dell’alleanza. Sulla Merkel ha detto: ha creato una nuova “cultura del potere” nel suo partito, e ha avuto “i nervi molto più saldi di chi la criticava”.