“Asia Bibi in Italia”
La politica si mobilita per il salvataggio umanitario della cristiana “vittima di un peccato”
Roma. “Chiedo al governo italiano di far uscire dal Pakistan me e la mia famiglia, siamo in pericolo”. Questo l’appello lanciato martedì tramite Aiuto alla chiesa che soffre da Ashiq Masih, il marito di Asia Bibi, la cristiana condannata all’impiccagione per “blasfemia” e assolta dalla Corte suprema, ma che non può lasciare il paese a causa delle proteste dei fondamentalisti islamici. “Mi lasceranno uscire veramente?”, aveva detto Asia Bibi dal carcere dopo l’assoluzione. La gioia per la sentenza è durata appena 24 ore. Martedì il governo pakistano ha annunciato di aver iniziato l’iter per inserire Asia Bibi in una no fly list. Equivarrebbe a una condanna a morte.
Ci si muove in Europa. Martedì, dalla Francia, il leader dei Républicains, Laurent Wauquiez, e il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, hanno chiesto al presidente Emmanuel Macron di dare l’asilo ad Asia Bibi. “Ne va della vita di una donna, ma anche della civiltà di fronte alla barbarie islamista” ha detto Wauquiez. Anche l’esperto di diritti umani della Cdu di Angela Merkel, Michael Brand, ha richiesto di far riparare Asia Bibi in Germania. “Dobbiamo compiere ogni sforzo perché Asia Bibi possa vivere in libertà e sicurezza”, ha detto Brand. Anche la politica italiana ha iniziato a muoversi. “Ci stiamo lavorando con altri paesi occidentali”, ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. L’ex premier, Paolo Gentiloni, ha invitato il governo italiano a “fare tutti i passi necessari per accogliere in Italia Asia Bibi”. “Ci sarà una guerra se manderanno Asia fuori dal paese”, ha avvertito Khadim Hussain Rizvi, leader di Tehreek-e-Labbaik Pakistan, il partito islamista che sostiene le leggi sulla blasfemia. Gli islamisti sanno bene cosa c’è in gioco nel caso di Asia Bibi: un Pakistan più tollerante, una sconfitta della sharia e un po’ di speranza per i cristiani perseguitati. Martedì Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, ha chiesto alle autorità pachistane di dare ad Asia Bibi i documenti di viaggio necessari. “Le leggi europee prevedono la protezione per coloro che sono minacciati a causa della propria fede”, ha detto Tajani. I familiari di Bibi sono nascosti in una località segreta. “E’ quasi certo che Bibi non sarà in grado di vivere in Pakistan dopo l’assoluzione”, ha scritto sul New York Times il famoso romanziere pachistano Mohammed Hanif. La vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, si è rivolta al governo italiano “affinché accolga Asia Bibi”. Lo stesso ha fatto la capo della delegazione Pd all’Europarlamento, Patrizia Toia, che ha scritto al presidente del Consiglio Conte e al ministro degli Esteri Moavero, “per sollecitare un’azione del governo italiano in favore di Asia Bibi”. Simile la dichiarazione di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia.
Che la famiglia di Asia Bibi si sia rivolta all’Italia dovrebbe renderci orgogliosi. E’ una grande causa umanitaria offrire asilo a una donna poverissima, cristiana e perseguitata per la propria fede. Come salvare i cristiani perseguitati in Iraq quando non riusciamo a tirare fuori da questo terribile limbo una cittadina pachistana? Che la situazione per i cristiani di quel paese sia drammatica lo dimostra il silenzio in cui martedì si è rifugiato il vescovo anglicano Michael Nazir Ali, che si trova proprio in Pakistan. Interpellato dal Foglio sulla vicenda, Nazir Ali ha chiesto di commentare “soltanto quando sarò uscito dal paese”. I giudici, nella loro assoluzione di Asia Bibi, hanno citato Shakespeare: “Sembra essere una persona, nelle parole di Re Lear, ‘più vittima di un peccato che una peccatrice’”. Aiuteremo Asia Bibi prima che faccia la fine dei cristiani egiziani massacrati dall’Isis la scorsa settimana?