Lo stato (politico) del Partito popolare europeo
Weber vince la nomina come Spitzenkandidat, ma al congresso di Helsinki s'è parlato soltanto di Orbán
Manfred Weber è stato eletto come candidato del Partito popolare europeo – il cosiddetto Spitzenkandidat – alle elezioni europee con il 79 per cento dei voti dei delegati. Il verdetto era scontato visto che Weber, attuale capogruppo bavarese del Ppe al Parlamento europeo, aveva l'appoggio di oltre 20 partiti nazionali, e di tutte le forze politiche di centrodestra attualmente al governo. Il suo rivale, l'ex premier finlandese Alexander Stubb, espressione del centrodestra liberale e anti-populista, sperava di ottenere un risultato migliore grazie al sostegno delle delegazioni del nord europa.
Il congresso di Helsinki, cui hanno partecipato tutti i capi dei partiti del Ppe, ha espresso le divisioni tra chi vuole inglobare i populisti e chi li vuole respingere. La presidenza del Ppe ha presentato una mozione a sostegno dell'indipendenza della magistratura e del pluralismo dei media per prendere le distanze dai populisti. I delegati di Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orbán che fa parte del Ppe, hanno rimosso uno dei due riferimenti alla “democrazia illiberale”, il termine usato da Orbán per descrivere il suo stile di governo. Un ennesimo gesto di compromesso del Ppe verso i populisti dell'est che secondo l'eurodeputato di Fidesz, Tamas Deutsch, “è un cambiamento simbolico che mostra come il Ppe si stia muovendo nella nostra direzione”.
Weber è contrario all'espulsione di Orbán dal Ppe, pur avendo votato a favore delle sanzioni contro l'Ungheria a settembre per i presunti abusi allo stato di diritto. Il candidato della Csu ha lasciato intendere che un'eventuale frammentazione dei popolari possa favorire i populisti, citando l'uscita dei conservatori britannici dal Ppe nel 2009 come una delle cause della Brexit. Stubb, invece, aveva detto di essere favorevole all'espulsione di Orbán dal Ppe se il premier ungherese avesse continuato ad abusare dello stato di diritto.
Anche il presidente del consiglio europeo, Donald Tusk, ha sostenuto l'incompatibilità tra Orbán e “i valori del Ppe”. Nel suo discorso a Helsinki, Tusk ha detto che “se sei contro lo stato di diritto e l'indipendenza dei giudici, non sei un cristianodemocratico”. L'ex primo ministro della Polonia, inviso ai nazionalisti del Pis attualmente al governo nel suo paese, ha usato molti altri esempi di come il modello della “democrazia illiberale” non debba trovare spazio all'interno del Ppe. La stessa posizione è stata espressa in passato dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che aveva chiesto l'espulsione di Orbán dal Ppe. Ha parlato a Helsinki anche il capo negoziatore europeo sulla Brexit, Michel Barnier, che però non si è soffermato sull'uscita della Gran Bretagna dall'Ue: l'ex candidato dei popolari, sconfitto da Juncker nel 2014, ha detto che “in ogni paese europeo c'è un Nigel Farage, il cui obiettivo è distruggere l'Ue”, e ha ricevuto molti applausi.
La scelta del candidato del Ppe ha riscontrato uno scarso interesse dei cittadini. Le proposte di Weber e Stubb hanno ricevuto pochissima attenzione sui giornali e ci sono state poche occasioni per coinvolgere il pubblico. L'ex premier finlandese aveva accettato la proposta di Politico.eu di svolgere un faccia a faccia pubblico con il suo rivale. Weber, che aveva molto di più da perdere, ha declinato l'invito. Alla fine i due candidati si sono confrontati in un dibattito di mezz'ora a Helsinki. Il moderatore è stato il vicepresidente del Ppe Mairead McGuinness, che ha fatto delle domande molto morbide per non esasperare i toni. Il dibattito si è svolto in inglese ma molti delegati sono rimasti sorpresi dalle abilità linguistiche di Stubb, che si è complimentato col suo rivale in tedesco, e ha ringraziato in francese la platea per averlo applaudito dopo le sue critiche alla retorica polarizzante del presidente francese Macron.
Weber sarà il frontman del Ppe per la campagna elettorale di maggio, nella quale i popolari otterranno quasi sicuramente la maggioranza relativa dei seggi al Parlamento europeo. Tuttavia, non è scontato che l'esponente della Csu diventi il prossimo presidente della Commissione europea. Il sistema dello Spitzenkandidat, adottato per la prima volta nel 2014 su richiesta dei partiti europei, non è previsto da alcun trattato. La convenzione prevede che i capi di stato e di governo propongano come presidente della commissione, il candidato del partito con il maggior numero di seggi al Parlamento europeo. Un sistema che favorisce le grandi famiglie politiche, ad esempio il Ppe e il Pse, che finora sono le uniche ad avere proposto un candidato.