Varsavia, roccaforte europeista, domenica sarà invasa dai nazionalisti
Violenze e vandalismo. Così il sindaco uscente della capitale polacca ha deciso di vietare le manifestazioni di quest'anno che celebrano la riunificazione nazionale
C’è una nuova statua a Varsavia, talmente grande da aver indispettito persino il maresciallo Pilsudski. Non proprio lui in persona, ma sicuramente la sua statua. La nuova scultura si trova a due passi dalla sua, nella stessa piazza che porta il suo nome: Plac Marszalka Jozefa Pilsudskiego. Andando avanti così, deve aver pensato il padre dell’indipendenza polacca, intitoleranno la piazza a lui, l’altro, all’altra statua: Lech Kaczynski, l’ex presidente della Polonia morto in un incidente aereo, e fratello gemello del leader del PiS, Jaroslaw. E’ lì, enorme e ferreo, a rubare la scena al maresciallo – cosa mai accaduta in cento anni – e chissà se domenica chi vorrà rendere omaggio all’Indipendenza della nazione e agli sforzi di chi si impegnò per ottenerla, si rivolgerà a Pilsudski o a Kaczynski. Da quando il partito nazionalista è arrivato al governo, dal 2015, il fratello gemello ha tentato senza sosta di fare di Lech un martire, di trasformarlo in un padre della nazione e in occasione del centenario ha ordinato di inaugurare la statua.
L’11 novembre di ogni anno, Varsavia si trasforma. E’ festa nazionale, si organizzano cortei, marce, eventi. Tutto per celebrare la riunificazione di una nazione scomparsa per quasi centocinquanta anni. Varsavia è il cuore dell’europeismo polacco, è una città cosmopolita che anche nelle elezioni di due settimane fa ha riaffermato la sua anima antipopulista eleggendo a nuovo sindaco un esponente del Po, il partito del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Eppure ogni anno si lascia invadere e distruggere, si trasforma nel teatro di tutti gli istinti più torvi e alle rivendicazioni del popolo polacco. Il sindaco uscente, Hanna Gronkiewicz-Waltz, per evitare l’invasione e la distruzione della città quest’anno ha deciso di vietare la marcia per ovviare alle violenze, per non lasciare che le strade si riempiano di nazionalisti e hooligan, cori antisemiti e razzisti, svastiche e fasci. “Sento che la città ha sofferto abbastanza a causa del nazionalismo e i cento anni dell’anniversario dell’Indipendenza non dovrebbero apparire così”, ha detto il sindaco. Si tratta anche di una misura di sicurezza, ci sono scontri tra manifestanti, vengono bruciate macchine e vandalizzati monumenti nazionali. La decisione del sindaco non è piaciuta al governo: l’11 novembre, con i suoi scontri e i suoi cori, più che la festa dell’Indipendenza è il sabba di tutti i valori illiberali del partito di Kaczynski, e il PiS ci tiene che vengano celebrati. Il presidente Andrzej Duda ha deciso di organizzare lui una manifestazione, cosa può un sindaco uscente contro un capo di stato in carica? Nulla, e Duda, che avrebbe voluto indire per domenica anche un referendum per la Polexit – il tentativo è stato bloccato dal Parlamento, era troppo persino per i deputati del PiS –, è pronto a lasciare che orde di suoi sostenitori invadano e distruggano la città simbolo dell’europeismo. “La capitale ha salvato l’onore del paese”, scriveva trionfante il quotidiano Gazeta Wyborcza, dopo la decisione del sindaco. Ma non ci è riuscita, dopo l’annuncio della Gronkiewicz-Waltz, Duda e il premier, Mateusz Morawiecki, si sono visti e a fine incontro hanno chiesto ai polacchi di andare tutti a Varsavia per marciare con i simboli nazionali “per dimostrare che siamo una squadra bianca e rossa”, i colori della bandiera. I gruppi di estrema destra hanno risposto con entusiasmo alla reazione del governo, sono già pronti a partire, a riversare il loro nazionalismo per le strade della capitale europeista. In un’altra delle piazze più importanti di Varsavia, il comune aveva messo un enorme arcobaleno, segno dell’apertura della città all’amore omosessuale. Ogni anno durante la marcia veniva incendiato e Varsavia ha ceduto, ha deciso di toglierlo.
Questo 11 novembre, come ogni anno, vedremo le stesse immagini da Varsavia: fuoco, scontri, violenze. La città, roccaforte dei valori liberali, verrà calpestata dagli istinti del paese, dal nazionalismo, dall’antisemitismo. Ci sarà un elemento in più: quella statua imposta, enorme che infastidisce persino Pilsudski. Non lui in persona, è chiaro, ma la sua statua e la sua piazza, invase, come il resto della capitale.