“Mai così sbroccato”, dicono di Trump dopo il voto di midterm
Dal licenziamento di John Kelly alla commemorazione di Parigi. Sei giorni di gossip politico non stop
New York. Premessa. Le notizie che arrivano dalla Casa Bianca questa settimana – o meglio: anche questa settimana – su quanto è disfunzionale l’Amministrazione Trump non avranno conseguenze. Gli elettori repubblicani fanno spallucce e le considerano pittoresche, con lo stesso affetto divertito che gli inglesi dimostrano per le storie di tradimenti dentro la Casa reale, gli elettori democratici hanno già deciso da tempo che Trump è il male assoluto e non sono turbati a questo punto da un paio di scandali in più o in meno.
Detto questo, Washington Post e Vanity Fair hanno appena pubblicato, dopo avere sentito decine di fonti interne, due resoconti lunghi sul Trump del dopo elezioni di metà mandato, che si sono tenute martedì 7 novembre, e si può concordare sul fatto che il presidente sta toccando livelli di bizzarria e furia che erano sconosciuti persino a lui. E il viaggio piovoso a Parigi per commemorare la fine della Prima guerra mondiale ha peggiorato la situazione.
Nei sei giorni dopo il voto Trump ha licenziato il ministro della Giustizia Jeff Sessions, ha licenziato la vice consigliere per la Sicurezza nazionale Mira Ricardel perché litigava con sua moglie Melania (“porta quella stronza via di qui”, è stata la formula scelta da Trump per avvisare un suo collaboratore di procedere al licenziamento), sta per licenziare il ministro per la Sicurezza interna Kristjen Nielsen, vuole licenziare il suo capo dello staff John Kelly, ha cacciato il giornalista Jim Acosta della Cnn dalla sala stampa della Casa Bianca, twitta in modo aggressivo contro il presidente francese Emmanuel Macron – che nella sua classifica personale dei leader simpatici è molto indietro rispetto al coreano Kim Jong-un – e ha litigato al telefono con Theresa May, che aveva fatto l’errore di chiamarlo per complimentarsi per le elezioni di metà mandato.
Il voto della settimana scorsa è stato l’evento che ha portato Trump “a un livello di insania che non avevo mai visto prima”, dice un collaboratore a Vanity Fair. C’entrano molti fattori. Uno è che la campagna elettorale era stata una lunga sequenza di comizi trionfali, che il presidente adora, perché si sente gratificato e può dire quello che vuole davanti a un mare di cappellini rossi “Make America Great Again” e vedere le sue parole finire in televisione a ciclo continuo.
Finiti i comizi, comincia l’astinenza. Inoltre non ha gradito per nulla tutti i commenti televisivi sulla cosiddetta onda blu, vale a dire i numeri molto buoni di voti che sono andati ai democratici (l’otto per cento in più rispetto ai repubblicani su scala nazionale). La sua scelta di battere molto sul pericolo immigrazione e sulla carovana dei migranti non ha pagato e ha lasciato che l’argomento si sgonfiasse, non lo cita più. Soprattutto, è finita la tregua elettorale e ritorna l’inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller, che potrebbe colpire a giorni il figlio Donald Trump Junior. E questa volta i democratici hanno abbastanza potere al Congresso per aiutare Mueller e per aprire inchieste autonome per conto loro.
Se questo è il contesto, l’ultima cosa al mondo che avrebbe voluto fare Trump è imbarcarsi per un fine settimana commemorativo a Parigi assieme agli altri leader europei, che lo trattano da corpo estraneo, fanno le facce buffe, alzano gli occhi al cielo quando lui saluta Putin, gli lanciano frecciate antinazionaliste mentre parlano dal podio. A questo punto le versioni dei giornali divergono.
Il Washington Post dice che Trump ha ricevuto dai suoi consiglieri l’esplicito suggerimento di non andare a ricordare i caduti al cimitero americano di Aisne-Marne perché l’elicottero presidenziale non vola con troppo maltempo e provare a fare lo stesso tratto in macchina avrebbe bloccato mezza città. Lui avrebbe obbedito e poi quando si è accorto con orrore che su Twitter si erano scatenate le critiche di chi diceva che “per due gocce di pioggia il presidente non va a ricordare i nostri soldati” avrebbe fatto una scenata allo staff.
Intanto il premier canadese Justin Trudeau alla fine del suo discorso e sotto la pioggia battente chiudeva l’ombrello con gesto teatrale e diceva che ai soldati era toccata non una gragnuola d’acqua, ma di proiettili. Nella sua suite all’ambasciata francese Trump non dev’essere stato allegro. Vanity Fair invece dice che non è andato perché sotto la pioggia teme di apparire ridicolo con i capelli afflosciati sulla testa. È il tipo di gossip senza fonti in chiaro che rende questa Amministrazione uno show senza fine, che ogni giorno ti costringe a tornare per vederne ancora un po’. L’unico pezzo di notizia solida viene a proposito di John Kelly, il capo dello staff, che due settimane fa aveva litigato a voce altissima con il consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton appena fuori dalla porta dello Studio Ovale.
Un mese fa Trump aveva organizzato un’intervista a sorpresa con una giornalista del New York Magazine per dire che con Kelly va tutto benissimo e che le voci secondo cui starebbe per cacciarlo sono infondate. Ma i giornalisti che si occupano di Casa Bianca sostengono che ormai anche il tempo dell’ex generale, sempre molto scuro in viso, che ogni sera percorre il perimetro della Casa Bianca per controllare che non ci siano falle nella sicurezza, sia finito e che stia per essere rimpiazzato da Nick Ayers, il capo dello staff del vicepresidente Mike Pence, molto apprezzato da Ivanka Trump e da suo marito Jared Kushner.