Chi sono i “gilet gialli” che animano la piazza contro Macron
Grande protesta oggi in Francia contro l’aumento del prezzo del carburante. Lepenisti e insoumis insieme
Parigi. Promettono di “bloccare la Francia” con lo sciopero di oggi, come avevano fatto i “berretti rossi” bretoni nel 2013 in protesta contro l’ecotassa per i Tir. L’ultima jacquerie francese è quella dei “gilet gialli”, movimento sociale nato spontaneamente sul web per denunciare l’aumento delle tasse sulla benzina (3 centesimi) e sul diesel (6 centesimi) introdotto da Emmanuel Macron a partire dal 1° gennaio 2019 – l’obiettivo del presidente, all’orizzonte 2022, è rendere meno costosa la benzina rispetto al diesel, più inquinante, e favorire la transizione ecologica. “Un anno e mezzo dopo la ‘disruption’ politica di Macron, la piazza conosce il suo momento di uberizzazione, di macronizzazione. Si reinventa improvvisamente e scuote lo status quo. Il presidente, che sognava un mondo senza corpi intermedi, produce suo malgrado un movimento che gli assomiglia. Nuovo, potente e dai contorni indefiniti”, scrive Les Echos.
Nessuno aveva visto arrivare questa nuova coalizione di arrabbiati, formatasi in poco più di tre settimane tra una petizione, una pagina Facebook e un video con sei milioni di visualizzazioni. Una coalizione proteiforme, di semplici cittadini, automobilisti, lavoratori, abitanti della provincia, che non ha leader politici né guru sindacali a guidarla, ma è determinata a sventolare il suo gilet catarifrangente, simbolo della sicurezza stradale, fin davanti all’Eliseo per lottare contro il rialzo della Contribution climat-énergie (Cce), la cosiddetta “tassa carbone”.
Tutto è iniziato a metà ottobre, con una petizione “per l’abbassamento del prezzo del carburante al distributore” lanciata da Priscilla Ludosky, 32enne del Seine-et-Marne, dipartimento situato a est di Parigi. Nel giro di due giorni, 800 mila francesi mettono la loro firma, poi un camionista della regione Île-de-France, Éric Drouet, crea una pagina Facebook, e con un appello a bloccare il boulevard périphérique, il tratto stradale a forma di anello che cinge Parigi, e le strade della capitale francese il 17 novembre, scatena il passaparola sui social network.
Infine è un video di protesta girato da una cittadina bretone, Jacline Mouraud, a diffondere la “grogne”, la rabbia della Francia rurale: sei milioni di visualizzazioni e interviste su diversi palcoscenici televisivi. “E’ l’inizio della rivoluzione del Ventunesimo secolo”, grida Nicolas Dupont-Aignan, leader dei sovranisti di Debout de la France. A fargli eco, Marine Le Pen, presidente del Rassemblement national, che non scenderà nelle strade con i “gilet gialli”, ma ha invitato le sue truppe a farlo, fiutando l’occasione perfetta per cavalcare l’ondata antimacronista. “E’ una questione di declassamento territoriale, di mobilità, di libertà e di potere d’acquisto: tutto ciò che difendiamo da sempre”, ha detto a Libération uno dei dirigenti del partito lepenista. A sinistra, è Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise ad augurare un “successo” ai “gilet gialli”, lui che in questo anno e mezzo è stato il principale antagonista di piazza del capo dello stato.
La mobilitazione di oggi contro il rincaro del carburante è anche una protesta contro il senso di isolamento di una certa Francia, quella che non si sente coinvolta dalla dinamica riformista di Macron, non gode dei vantaggi della globalizzazione e si sente vessata dalla pressione fiscale. “Alla tradizionale lotta di classe si è aggiunta una lotta degli spazi: la banlieue contro i centri storici, le periferie contro i bòbò, la campagna contro le metropoli, i piccoli comuni contro le grandi città”, ha scritto lunedì Laurent Joffrin, direttore di Libé. Tra i provvedimenti per contenere il malcontento, Macron ha proposto un’“indennità chilometrica” destinata alle persone che quotidianamente fanno trenta-quaranta chilometri per andare al lavoro, mentre il ministro dell’Interno, Christophe Castaner, ha messo in guardia i manifestanti, annunciando che “ovunque ci sarà un blocco, e quindi il rischio per interventi di pubblica sicurezza o anche di libera circolazione, interverrà la polizia”.