Ha stato Soros! Così Orbán vuole proteggere l'ex premier macedone
Nikola Gruevski si è rifugiato in Ungheria per evitare una condanna a due anni di carcere. Per il partito del premier ungherese è "perseguitato dal governo macedone"
Roma. Anche lì, in Macedonia, anzi in Fyrom, tra i Balcani, tra i confini non ancora europei ma che vorrebbero esserlo, tra le trattative in sospeso con la Nato e con l’Ue, Viktor Orbán dice che c’è George Soros. Se c’è il miliardario americano bisogna intervenire, assicurarsi che non ne combini una della sue come scristianizzare, ordire complotti. Per questo il premier ungherese ha deciso di intervenire e aiutare un suo amico, Nikola Gruevski, ex primo ministro macedone. Gruevski è accusato di corruzione nel suo paese, che ha governato per dieci anni, dal 2006 al 2016. Dieci anni sono abbastanza per salvare o rovinare una nazione e Gruevski alla Macedonia non ha fatto bene. Skopje ha emesso un mandato di arresto in seguito a una condanna a due anni di carcere per abuso di potere. Usando i fondi pubblici aveva acquistato una Mercedes da seicentomila euro e, non sapendo come evitare di passare due anni della sua vita in prigione, ha deciso di chiedere asilo politico in Ungheria. All’improvviso era finito a Budapest e nessuno sapeva come fosse accaduto, le frontiere sono importanti e Viktor Orbán le controlla per bene. Se Gruevski era riuscito ad arrivare in Ungheria, il governo ungherese doveva saperlo. E’ stato l’ex premier a dare notizia della sua fuga: “Negli ultimi giorni ho ricevuto innumerevoli minacce di morte – ha scritto su Facebook – Sono a Budapest e ho chiesto asilo alle autorità ungheresi. Io rimarrò per sempre fedele alla causa della Macedonia, non la abbandonerò mai”.
La causa della Macedonia di cui Gruevski parla nel post è quella che vede lo stato balcanico bloccato nelle trattative sia con l’Unione europea sia con la Nato. Tutto dipende dal suo nome, non avrà accesso a nessuna delle due organizzazioni fino a quando non risolverà la contesa con la Grecia. Atene ritiene che Skopje si sia indebitamente appropriata di un nome che non le appartiene – né storicamente né moralmente – e fino a quando i problemi con il governo greco non saranno risolti, i macedoni non potranno diventare europei, né entrare nell’Alleanza atlantica. Le due nazioni avevano trattato per raggiungere un accordo, tutte e due avevano dovuto cedere un po’, ma chi ne avrebbe tratto più vantaggio sarebbe stata Skopje e così i due governi erano arrivati a stabilire che il nome “Repubblica della Macedonia del nord” sarebbe stato un buon compromesso. Così ha pensato il nuovo primo ministro macedone e la decisione è stata dapprima sottoposta con un referendum consultivo al parere della popolazione che ha bocciato il quesito: “Sei favorevole a un’adesione all’Ue e alla Nato attraverso l’accettazione dell’accordo tra Macedonia e Grecia?”. Il premier che ha stretto l’accordo con Tsipras è Zoran Zaev, che ora sta cercando di convincere il suo Parlamento ad accettare il nuovo nome, e contro di lui è schierato soprattutto il partito VMRO-DPMNE, di cui fa parte Nikola Gruevski. Nei mesi delle trattative con Atene, Gruevski si opponeva, chiamava la popolazione all’astensione durante il referendum – così è stato, soltanto il 35 per cento degli aventi diritto ha votato –, chiedeva ai suoi amici internazionali, soprattutto a Orbán, di intervenire affinché i macedoni non fossero costretti ad abbassarsi a un’umiliazione di questo genere. Per nessuno stato sarebbe facile cambiare nome, ma questa volta, come ha sottolineato più volte Zaev, si trattava di cedere un po’ di sovranità, un po’ di orgoglio nazionale per aspirare a qualcosa di più: all’Unione europea, alla Nato, a una serie di diritti, di sicurezze e di vantaggi in grado di cambiare il futuro della Macedonia, che per ora si chiama ancora Fyrom. Gruevski non era di questo parere e ha approfittato del fallimento del referendum per chiedere elezioni anticipate, non si aspettava che i parlamentari dessero al suo avversario così tanto ascolto. Le elezioni probabilmente sarebbero anche state utili all’ex premier per liberarsi dalle accuse ma, il governo non è caduto, la Fyrom potrebbe cambiare nome, Gruevski è stato condannato ed è andato da Orbán che forse è anche l’autore della sua fuga. Pare che l’ex premier sia riuscito a raggiungere Budapest passando per l’Albania: lo attendeva un’auto dell’ambasciata ungherese a Tirana. Così, a bordo di un mezzo diplomatico, ha raggiunto l’Ungheria. Gli Stati Uniti, che non hanno mai smesso di monitorare la situazione nei Balcani e hanno avuto un ruolo importante anche durante il referendum, hanno detto che Budapest deve lasciare che la Macedonia si riprenda il suo ex premier, che deve scontare la condanna di due anni di carcere, ma Fidesz, il partito di Orbán, è intenzionato a proteggerlo in ogni modo. D’altronde: “Nikola Gruevski – sostiene il partito – è perseguitato e minacciato dall’attuale governo macedone, il quale è sotto l’influenza di George Soros”. Chi altri?