Milan Kundera, foto di Elisa Cabot via Wikipedia

Praga rivuole Kundera e Babis gli offre la cittadinanza persa quarant'anni fa

Micol Flammini

Lo scrittore era stato cacciato dall’est nel 1950 accusato di “attività anticomunista”. Le contraddizioni della Repubblica ceca

Quando Milan Kundera scoprì di non essere più un cittadino cecoslovacco era il 1979. Per due anni visse in un limbo. Non era ceco e nemmeno slovacco. Se ci fosse stata l’Unione europea avrebbe potuto definirsi un cittadino europeo. Ma il mondo era diviso in due, c’erano un est e un ovest. Lui era stato cacciato dall’est che tanto aveva raccontato nei suoi romanzi, dai quali però usciva forte e insaziabile una voglia di occidente che gli costò l’accusa di “attività anticomunista” nel 1950. Per due anni Kundera restò sospeso, fino a quando la Francia, paese in cui ormai viveva da qualche anno, non decise di conferirgli la cittadinanza. I suoi libri vennero riammessi a Praga soltanto negli anni Ottanta e la fama dei suoi romanzi, la voglia di libertà delle sue pagine e la sua vita a metà non sono mai stati sufficienti a fargli conquistare il Nobel per la Letteratura. Oggi lo scrittore ha quasi novant’anni, vive sempre a Parigi e chissà come gli sarà sorta l’idea di invitare nel suo appartamento l’attuale premier ceco Andrej Babis e sua moglie Monika. Babis lo scorso fine settimana era a Parigi per partecipare alla commemorazione dei cent’anni dalla fine della Prima guerra mondiale, era uno dei pochi rappresentanti dell’asse sovranista presente all’evento organizzato da Macron per ricordare a tutti, anche a Babis, che furono i nazionalismi a far scoppiare quella guerra e anche la successiva. Kundera e sua moglie Vera hanno accolto il premier ceco e consorte: “E’ stato un grande onore per me – ha commentato Babis su Facebook – La conversazione è stata condotta dalla signora Kundera, una donna piena di energia”. E tra lodi, entusiasmi e turbamenti: “Credo che meritino di riavere la cittadinanza che hanno perso dopo aver lasciato il paese”, ha detto il premier. Poi Babis ha invitato i Kundera a rivedere Praga, Brno, dove è nato lo scrittore. Pare che la coppia abbia risposto in modo elusivo, ha ringraziato e si è augurata che la cosa non comporti la compilazione di troppe scartoffie.

 

A novant’anni forse si ha più voglia di irreale che di reale, chissà se Kundera e sua moglie Vera torneranno mai a Praga, magari a riprendere quella cittadinanza che gli tolse il regime comunista quasi quarant’anni fa, magari a vedere se le statue sul Ponte Carlo fanno ancora paura quando sono ricoperte di neve, o se la Moldava scorre sempre allo stesso modo. Chissà se si accontenteranno di essere ormai francesi. Quel che è certo è che nel libro di Kundera più conosciuto, “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, Tomas, il personaggio principale, riesce a fuggire a Zurigo, eppure a un certo punto, ben sapendo che il ritorno a Praga sarà una follia, che non c’è posto più sicuro di Zurigo in quel momento, torna per nostalgia. La Repubblica ceca che Kundera troverebbe ora sarebbe una nazione piena di contraddizioni, a cominciare dal suo premier, in questi giorni accusato dal figlio di aver architettato il suo rapimento per non permettergli di testimoniare contro di lui in un processo che lo vede accusato di frode. In realtà sembra che il ragazzo non stia molto bene. Quando Babis è stato eletto, si temeva l’arrivo di un nuovo Orbán, di un difensore delle teorie illiberali, di un nuovo alleato del Cremlino. Poi le accuse di corruzione sono rimaste, ma lui si è dimostrato meno euroscettico del previsto. Tra le mille contraddizioni che dominano la Repubblica ceca, ce ne è un’altra di cui fa parte lo stesso Kundera. La coalizione con cui Babis è riuscito a diventare premier ha l’appoggio esterno del Partito comunista, cosa che non accadeva dal 1989. E questi comunisti assomigliano molto a quelli di quarant’anni fa. Sono nostalgici, filorussi, sono gli eredi di coloro che decisero di togliere allo scrittore la cittadinanza. “Mi chiedo se la nostra nozione di casa non sia un’illusione, un mito. Mi chiedo se la nostra idea di avere radici sia una finzione alla quale ci aggrappiamo”, diceva Kundera in una vecchia intervista rilasciata nel 1984. Al giornalista del New York Times che gli chiedeva se considerasse la sua vita in Francia come un surrogato della sua vera vita in Cecoslovacchia, il romanziere rispose: “Ho scelto la Francia”.

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