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Il Giappone di Taro Kono lancia un segnale per Pechino

Giulia Pompili

 Al Med il ministro degli Esteri di Tokyo prende il posto d’onore tra i paesi asiatici

Roma. Per la prima volta un rappresentante di altissimo livello del governo giapponese ha partecipato alla quarta edizione del Med. Il ministro degli Esteri di Tokyo, Taro Kono, è uno dei più attivi che il Giappone abbia avuto negli ultimi anni, viaggia moltissimo e ha una particolare ossessione politica per la zona del medio oriente e del nord Africa. Secondo alcune indiscrezioni, la sua presenza alla conferenza è stata richiesta direttamente dalla capitale giapponese, ed è stata poi unita a una serie di incontri istituzionali con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il segretario di stato Vaticano Pietro Parolin (in vista di un probabile viaggio del Papa, il prossimo anno, in Giappone). Per capire il motivo di una visita così breve, organizzata e ufficializzata in così poco tempo, a una conferenza sul Mediterraneo da parte del rappresentante della terza economia del mondo – che però è in Asia orientale – bisogna guardare alla mappa della Nuova Via della Seta cinese. L’influenza di Pechino nel medio oriente, ma soprattutto nel Mediterraneo, è sempre più forte. “Non è una questione di competizione, non siamo in competizione con la Cina”, ha detto Taro Kono, interpretando la nuova linea politica di apertura al Dragone del Giappone, “finché la Cina cresce pacificamente, siamo d’accordo. Ma bisogna essere cauti sui suoi progetti in Africa, per esempio, perché la trappola del debito in cui finiscono alcuni paesi non fa bene a nessuno”. L’idea giapponese è quindi quella di proporre un’alternativa: laddove i progetti cinesi non piacciono, perché rischiano di rendere i paesi che li accolgono schiavi dei desiderata di Pechino, arrivano i progetti di cooperazione giapponesi. Come il parco agroindustriale di Gerico, in Palestina, dove Giappone, Israele, Palestina e Giordania lavorano insieme. E poi l’interesse giapponese per quest’area di mondo riguarda il commercio, e il trattato di libero scambio Giappone-Ue che entrerà in vigore il prossimo anno: “I nostri container passano per il Mediterraneo. Abbiamo bisogno di un medio oriente e di un nord Africa stabile”, ha detto Kono. “Il Giappone continua a sostenere il libero commercio, e cerchiamo nuovi partner commerciali in quest’area”. Soprattutto per quanto riguarda l’immigrazione, perché immigrazione qualificata e nuove tecnologie sono la soluzione al calo demografico, “che è un problema. Nessuno in Giappone dice che la tecnologia e l’AI ci rubano il lavoro, anzi”.

 

Nel programma di questi tre giorni, al Med, non c’era nessun rappresentante di Pechino: un segnale diplomatico che non è passato inosservato.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.