La benzina dell'anti europeismo
I gilet gialli sono già un fenomeno internazionale, spuntano nelle piazze tedesche anti Merkel e nei siti della destra americana, che festeggiano la fine di Macron, la vittoria del popolo e una conferma del trumpismo
Il gilet giallo è diventato un simbolo internazionale, l’ultima bandiera della battaglia contro la globalizzazione, un po’ nazionalista, un po’ terzomondista, un po’ antieuropeista. Tutta la rabbia del mondo in un giubbetto catarifrangente, non dite che non ci vedete perché brilliamo anche al buio, che compare sui social, sui siti più ideologizzati, nelle piazze degli altri. Macron e il macronismo sono il bersaglio dei gilet jaunes, della “colère !!!” dei francesi (uno dei gruppi Facebook più attivo e ciarliero si chiama “La France en colère !!!”), che hanno iniziato a protestare contro il caro benzina ma si sono accorti che l’occasione era ghiotta, e così si sono messi a pubblicare un comunicato al giorno, una rivendicazione al giorno, per allargare gli obiettivi e gettarsi contro ogni cosa che sa di riforma o, peggio ancora, di liberalismo. Il passo verso il fenomeno internazionale è stato brevissimo, perché Macron è il presidente della Francia ma è anche il testimonial dell’opposizione al populismo, l’europeista che si avvolge nella bandiera blu con le stelline dorate, il politico che definisce “lebbra” il moltiplicarsi di “il-mio-interesse-first” che si è imposto in occidente, con tutte le sue varianti e in tutte le sue geografie, dall’Europa all’America.
Macron e il macronismo sono il bersaglio della “colère !!!” dei francesi ma anche del mondo populista che si mette il giubbetto
Originariamente la manifestazione era stata indetta per protestare contro il Global Compact delle Nazioni Unite, il progetto per regolarizzare l’immigrazione e responsabilizzare tutti i paesi membri che è diventato l’ultimo obiettivo della campagna nazionalista internazionale, cui si è accodata solerte l’Italia, che pure avrebbe di che guadagnarci da un flusso di migranti più regolare e da una maggiore solidarietà internazionale (la Germania lo ha approvato al Bundestag la settimana scorsa). Ma l’interesse nazionale è un accessorio che si porta un po’ con tutto, e anche se l’effetto è un pugno in un occhio si fa finta di niente, così assieme ai cartelli contro il Global Compact sono comparsi i gilet, le scritte ancora in francese, “ça suffit”, ne abbiamo abbastanza, e il coro congiunto: voi a Parigi volete tirar giù Macron, noi a Berlino vogliamo tirar giù la Merkel, i nostri propositi sono uguali, forza popoli europei, basta essere trattati come cittadini di seconda categoria, fuori gli stranieri.
L’Alternative für Deutschland, il partito che guida al contempo la lotta all’immigrazione, all’islamizzazione e alla Merkel (ma bacchetta gli amici italiani con le loro manovre finanziarie che contano sugli aiuti europei) non era in piazza sabato, ma aveva già fatto circolare sui social la “solidarietà ai cittadini francesi” e potrebbe organizzare un incontro o una manifestazione nel prossimo fine settimana. Dall’altra parte dello spettro politico, Sahra Wagenknecht, che presiede il gruppo della sinistra radicale Die Linke in Parlamento, ha detto che la protesta dei gilet gialli è “giustificata” e che bene fa il popolo francese a protestare contro un governo e un sistema schiavo “delle lobby economiche”, ma era un pochino rammaricata, perché la piazza in Francia si riempie facilmente, in Germania no, quanto sarebbe bello importare un po’ della “spontaneità” d’oltralpe.
La destabilizzazione è un bottino che molti leader si strattonano e le manifestazioni gialle sono un collante formidabile
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