L'Ungheria espelle la Ceu. I commenti tiepidi degli europei e il sostegno degli americani
Orbán è riuscito a cacciare da Budapest l’università fondata da Soros. Non è la libertà di parola a essere a rischio, ma la ragione
Roma. La notizia non è che la Central european university, Ceu, dovrà lasciare l’Ungheria a causa di una legge che porta il suo nome, la Lex Ceu, che rende impossibile per l’ateneo accettare nuovi studenti a partire dal gennaio prossimo. Rettore, prorettori, docenti e alunni si preparavano a questa eventualità da tempo. Erano partiti i contatti con le altri paesi e i rispettivi governi da alcuni anni. Era soltanto questione di tempo, dal momento che le ultime elezioni di aprile hanno riconfermato che Viktor Orbán non ha intenzione di lasciare a breve il governo ungherese, e che nemmeno la maggioranza dei cittadini ungheresi ha intenzione di mandarlo via. La convivenza tra la Ceu e Fidesz, il partito del premier, non sembrava più possibile. Era chiaro che non sarebbe stata la Ceu a cacciare Fidesz, ma Fidesz a cacciare la Ceu, per cui no, la notizia dopo l’annuncio di lunedì non è che l’Università fondata da George Soros si trasferirà a Vienna. La vera notizia è la reazione timida, pacata e sommessa alla notizia. “Un’istituzione americana è stata cacciata da un paese alleato della Nato. Un’istituzione europea è stata estromessa da uno stato membro dell’Unione europea”, ha detto il rettore Michael Ignatieff e queste due frasi riassumono perfettamente la situazione. Anche Eva Fodor, prorettore dell’Università, in un’intervista al Foglio di poche settimane fa aveva detto: “Bruxelles sta permettendo che un’università all’interno di un paese europeo venga costretta ad andarsene. Così anche gli Stati Uniti, i quali potrebbero intervenire per evitare che una nazione cacci via un’istituzione americana”.
Il caso della Central european university era stato inserito nella relazione stilata da Judith Sargentini, eurodeputata olandese, sulle violazioni dello stato di diritto in Ungheria. Sulla base di quel testo, la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura di infrazione, uno strumento cosmetico, un avvertimento che poi si infrange contro il veto dei paesi amici dell’Ungheria, così come avviene anche per la Polonia contro la quale la Commissione europea ha anche richiesto l’attivazione dell’articolo 7. Varsavia bloccherà sempre le procedure di infrazione contro Budapest e viceversa. Ma, all’indomani dell’annuncio della Ceu, le dichiarazioni europee a sostegno dell’Università sono state evasive. Manfred Weber, leader del Partito popolare europeo, la grande famiglia di centrodestra che accoglie tra le sue fila anche Fidesz, ha commentato il trasferimento forzato della Central european university dicendosi “estremamente deluso”. Poi ha aggiunto che costringere un’università ad andarsene è “inaccettabile”. Weber, anziché esortare il suo partito a espellere Fidesz, ha invitato la Corte di giustizia europea ad accelerare la procedura di infrazione contro l’Ungheria. Niente di più da parte dell’Unione europea contro un governo che ha espulso un’università perché fondata e finanziata da George Soros, nemico e bersaglio del primo ministro ungherese Viktor Orbán. Soros è il miliardario americano di origini ungheresi, liberal ed ebreo, che è diventato il target dei partiti di estrema destra, il bersaglio delle teorie antisemite e complottiste, di cui Orbán è invece diventato un mentore: è lui il teorico della democrazia illiberale e il padre dell’euroscetticismo di Visegrád.
Anche l’America ha fallito, e forse il fallimento era proprio una delle intenzioni dell’ambasciatore americano mandato da Trump a Budapest, David Cornstein. La missione di Cornstein era salvare la Ceu, ma da quando è arrivato in Ungheria, come scrive il Washington Post, anziché costringere Orbán a ripensarci ha tentato di incantarlo e di sedurlo. A settembre, dopo un incontro con il premier, l’ambasciatore aveva detto che la Ceu si sarebbe salvata sicuramente. Ma Orbán, che pure fu uno dei primi studenti della Central european university, aveva già le idee chiare: la sua intenzione era cacciare la Ceu, Soros e il sorosianesimo e non sarebbe stato un ambasciatore adulatore a fargli cambiare idea. Donald Trump ha rotto con la tradizione delle precedenti Amministrazioni, si è avvicinato ad autocrati come Viktor Orbán con i quali ha intrapreso rapporti cordiali. Ma se il tentativo era sedurli e influenzarli, la sua strategia non ha funzionato. Orbán è al quarto mandato, ma la Ceu è stata costretta a trasferirsi a Vienna. Fidesz espelle un’università europea, ma rimane nel Ppe. L’Ungheria espelle un’istituzione americana, ma l’ambasciatore chiama Orbán “amico”.