I conservatori spagnoli erano un'eccezione. Adesso corteggiano Vox
Il Pp con Rajoy era un partito moderato, ma il nuovo leader Casado ha impresso una svolta identitaria e ha sdoganato gli estremisti
Roma. L’“eccezione spagnola” è un fenomeno politico che è durato quasi quarant’anni e sembra essersi infranto questa settimana, dopo le elezioni regionali in Andalusia. L’eccezione spagnola ha una caratteristica semplice: è dalla morte di Francisco Franco che l’elettorato iberico sembra (sembrava) immune a ogni tipo di estremismo o populismo di destra. C’erano alcune ragioni per questo fenomeno. Anzitutto, la democrazia spagnola è giovane, ed è stata l’ultima, in Europa, a liberarsi alla fine degli anni Settanta da una dittatura fascista nata negli anni Trenta. Ancora oggi in Spagna la maggior parte degli elettori ha un ricordo di com’era vivere sotto al franchismo, e non aspira a tornarci.
L’altra ragione dell’eccezione spagnola è il Partito popolare, una formazione conservatrice che ha preso su l’eredità del franchismo, l’ha mischiata a elementi conservatori più classici e a una buona dose di liberalismo, e si è tenuta tutto in pancia per quarant’anni, con la dovuta ambiguità ideologica, trasformandosi in un partito capace di tenere insieme i centristi liberomercatisti e gli ex franchisti corporativisti, senza nemici a destra.
Mariano Rajoy, ex leader del Pp, è stato l’ultimo esponente di questa tradizione, ma è stato costretto a presiedere al lento sgretolamento dei consensi del partito negli ultimi dieci anni. Il suo successore, il giovane Pablo Casado, ha deciso che il modello del partito onnicomprensivo non era più sostenibile, ché la politica spagnola ormai era completamente frammentata e la crisi dell’indipendentismo catalano aveva buttato nel caos tutti gli equilibri tradizionali, e ha deciso che era il momento di trasformare il Pp in un partito conservatore meno eclettico.
Si è guardato intorno e ha visto che in tutta Europa tra i conservatori vanno molto di moda la rivalsa identitaria e la rincorsa al populismo, ed è così che ha voluto il nuovo Pp: duro sull’immigrazione, conservatore sui valori, pronto ad appropriarsi senza tanti scrupoli delle parole d’ordine degli estremisti. Non sappiamo esattamente quale fosse il calcolo di Casado, ma senz’altro le elezioni in Andalusia dimostrano che la sua strategia è fallita: al voto, il Pp è crollato e il vuoto – ideologico ed elettorale – lasciato libero è subito stato riempito da Vox, una forza di ultradestra con venature neofasciste, che per la prima volta ha ottenuto delle cariche elettive in Spagna.
A questo punto Casado si è guardato attorno ancora una volta, e ha visto che i conservatori europei, quando si sentono minacciati dai populismi di destra, li scimmiottano e li corteggiano, ed è così, in questi giorni, che il glorioso Partito popolare sta trattando Vox – una formazione che Rajoy considerava indegna perfino di essere nominata, la chiamava “quel partito”, a differenza del suo predecessore José María Aznar, che invece ha speso buone parole per Vox, “un partito di centrodestra”.
Casado ha bisogno dei voti di Ciudadanos e di Vox per formare una coalizione di destra in Andalusia, e se i primi sono facili da ottenere, i secondi vanno conquistati. Il leader del Pp e i suoi dirigenti hanno detto che spetta a Vox decidere se avere un “ruolo passivo o attivo” nella legislatura regionale (traduzione: diteci voi se volete entrare nel governo oppure no, noi siamo contenti in ogni caso) e hanno già offerto all’ultradestra poltrone governative se il ruolo suddetto dovesse rivelarsi attivo. Per Casado, Vox non è un partito “pericoloso”, e l’unica condizione “non negoziabile” è porre Juan Manuel Moreno (per tutti Juanma) alla presidenza della regione andalusa.
Ieri il comitato esecutivo di Ciudadanos ha approvato l’inizio di un negoziato con il Partito popolare per dare vita a una coalizione di destra che governi l’Andalusia e che comprenda dunque anche Vox, come impone la matematica elettorale – anche se Ciudadanos ha un piano contorto, e chiede al Partito socialista di votare l’insediamento di una coalizione di destra che governerebbe a minoranza. Casado presiederà così alla normalizzazione definitiva della politica spagnola, che diventa un po’ più europea, in un momento in cui la politica europea vive la sua peggior crisi dal Dopoguerra.