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Perché il Canada ha arrestato la direttrice finanziaria di Huawei

Marco Malesi

Meng Wanzhou è la figlia del fondatore dell'azienda, e potrebbe essere estradata negli Stati Uniti

Roma. È stata arrestata a Vancouver in Canada, su mandato di cattura americano, la direttrice finanziaria di Huawei, prima azienda di telecomunicazioni cinese, presente in centinaia di paesi nel mondo. Le accuse ufficiali contro Meng Wanzhou, che è anche la figlia del fondatore del colosso telco, non sono state ancora rese pubbliche, ma fonti dei media americani sostengono che sia accusata di aver violato l'embargo nei confronti dell'Iran.

  

  

Dopo che il Globe and Mail ha riferito dell'arresto, il Canada ha confermato che questo è avvenuto il primo dicembre scorso, proprio mentre Donald Trump e Xi Jinping raggiungevano, in Argentina, una tregua per la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. L’udienza sulla convalida del fermo è stata fissata per venerdì 7 dicembre a Vancouver. La cfo, il cui nome occidentale è Sabrina, rischia l'estradizione negli Stati Uniti. Il governo di Pechino ha protestato e richiesto subito la sua liberazione. 

  

   

  

L'arresto di Meng Wanzhou contribuirà a infiammare di nuovo le tensioni sull'asse Washington-Pechino, dopo la recente tregua sui dazi. Come già scrivevamo nel Foglio, la grande competizione tra Stati Uniti e Cina si sposta ora sull'innovazione. Fino a questo arresto eccellente, i leader dei due paesi avevano aperto alcuni spiragli al dialogo, anche per raffreddare una “trade war” che stava danneggiando le rispettive economie e indebolendo il sistema mondiale dei commerci. Ma una soluzione definitiva alla guerra commerciale è lontana da venire: la trade war è l’epifenomeno di una competizione molto più profonda, che riguarda la tecnologiacome scriveva l’Economist, dedicata al confronto tra Stati Uniti e Cina per il dominio nel settore strategico dei microchip: “Il conflitto commerciale che conta di più tra America e Cina è una guerra molto da Ventunesimo secolo sulla tecnologia”, ha scritto il magazine britannico.

    

Poche settimane fa, il Wall Street Journal aveva pubblicato pubblicato un’inchiesta-scoop in cui rivelava che l’Amministrazione americana sta usando mezzi straordinari per impedire che Huawei e Zte costruiscano infrastrutture strategiche in paesi alleati come la Germania, l’Italia e il Giappone. Le infrastrutture sono quelle del 5G, la tecnologia di connessione di nuova generazione, e i mezzi straordinari sono di due tipi. Da un lato, alti membri del governo americano hanno parlato con esponenti dei governi alleati e con i dirigenti delle società di tlc per metterli in guardia dal pericolo di consentire che il 5G sia in mano a un’azienda che proviene da un paese non alleato, e la cui postura nei confronti dell’occidente è sempre più ostile. Le complessità della rete 5G, hanno detto gli americani, aumentano le possibilità che chi costruisce le infrastrutture possa renderle vulnerabili a proprio vantaggio. Dall’altro lato, consapevole che uno dei maggiori punti di forza di Huawei è la convenienza dei prezzi, Washington sta valutando sussidi e finanziamenti per aiutare l’acquisto di componenti di provenienza non cinese.

 

 

La reazione di Huawei

“In occasione di un suo viaggio d'affari il cfo di Huawei Meng Wanzhou è stata provvisoriamente detenuta dalle autorità canadesi a nome degli Stati Uniti d'America – che ne chiedono l'estradizione – per far fronte ad accuse non specificate del distretto orientale di New York”, ha spiegato l'azienda in una nota.

  

 

Huawei ha dichiarato di aver ricevuto ben poche informazioni riguardo le accuse e ha detto di non esser a conoscenza di alcun illecito commesso da Meng: “Huawei rispetta tutte le leggi e le regole dei paesi in cui opera, incluse quelle in materia di controllo delle esportazioni delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti e dell'Ue”, conclude la nota.

 

 

Ma chi è Huawei e come nasce questa azienda che ha poco più di 30 anni di storia?

Il colosso cinese delle tlc Huawei ha superato Apple nella vendita degli smartphone e Washington la considera una minaccia per la sicurezza americana. Il gruppo opera in 170 paesi, ha 170.000 addetti e un fatturato che la Cnn ha stimato nel 2018 in 100 miliardi di dollari. Il sorpasso di Apple è avvenuto questa estate quando, per la prima volta in sette anni, Samsung e Apple hanno smesso di occupare i primi due posti in classifica nelle vendite globali e Huawei si è insediata al secondo posto, dietro il gigante sudcoreano e davanti a quello americano. Nel secondo trimestre di quest'anno, su un totale di 351 milioni di smartphone venduti, Samsung ne ha piazzati 72 milioni, rallentando del 10 per cento rispetto a un anno fa ma aggiudicandosi una quota di mercato del 20 per cento. Huawei ne ha venduti 54 milioni, in crescita del 41 per cento e con una quota di
mercato del 15 per cento e Apple 41 milioni (un calo di 3 punti percentuali) con una quota di mercato del 12 per cento. Pochi mesi prima, nel febbraio 2018, i servizi segreti nordamericani avevano accusato Huawei di essere un pericolo per la sicurezza: il sospetto è che i dispositivi delle aziende cinesi possano agire come cavalli di troia per i servizi segreti di Pechino. 

 

La nascita ufficiale dell'azienda è datata 1987 ad opera dell'ex ufficiale dell'esercito popolare cinese Ren Zhengfei. La società era nata per gestire le vendite di un produttore di centrali telefoniche per uso privato a Hong Kong. La raccolta di dati e informazioni su questi prodotti permise molto presto ai vertici di iniziare a produrre delle centrali proprie: gli apparecchi ottennero un grande successo nei piccoli villaggi e nei centri urbani cinesi di periferia. Presto la produzione si spostò anche su apparecchi per hotel e piccole industrie. In breve, durante i primi anni Novanta, queste apparecchiature ottennero sempre più successo, spingendo Huawei verso la creazione del suo primo centralino digitale. L'azienda divenne presto una delle realtà più in vista del settore. Dal 1997 in poi Huawei riuscì a realizzare una rete di telefonia fissa e a produrre i suoi primi apparati per la telefonia mobile. Il primo centro di ricerca all'estero fu aperto in India, nel 2000 l'azienda sbarcò in Europa, in Svezia e poi
negli Stati Uniti. Nel 2002 la società aumentò i suoi affari del 500 per cento in poco più di due anni, superando il mezzo miliardo di dollari: un'esplosione tra le più clamorose mai viste. 

 

  
Come scrive Simon Rabinovitch dell'Economist, Huawei e Zte non sono solo grandi imprese, ma pilastri della “nuova economia” della Cina: secondo i dati dell'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (Wipo), nel 2017 i due colossi cinesi risultavano possedere i due più grandi archivi di brevetti a livello mondiale, il 15 per cento delle applicazioni cinesi: “Difficile non vedere come questo porterà a una grande escalation di tensioni”.

Qui si possono leggere le mappe interattive della Wipo, aggiornate al 2018, per avere un quadro più completo.

  

 

Nel 2005 l'azienda si occupò di gestire la parte tecnologica della rete telefonica fissa e mobile di British Telecom; nel 2008 costruì la rete mobile su larga scala più grande del nord America; nel 2009 diede vita ad una delle prime infrastrutture 4G del mondo in Norvegia. Così, molto prima che i suoi smartphone iniziassero a far breccia sul mercato globale, l'azienda aveva già una posizione più che consolidata nel settore delle infrastrutture comunicative. 

  

 

Le accuse degli Stati Uniti 

Nel febbraio 2018, in un'udienza al Senato al cospetto della Intelligence Commission, sei pezzi grossi dell'intelligence americana, inclusi i capi di Fbi, Nsa e Cia, hanno apertamente consigliato di boicottare i dispositivi di due aziende di tlc cinesi, Huawei e Zte: “Sono un rischio per la sicurezza nazionale. Siamo profondamente preoccupati circa il rischio che qualsiasi compagnia o entità legata a governi stranieri che non condividono i nostri valori possa guadagnare posizioni di potere all'interno della nostra rete di telecomunicazioni”, ha detto il direttore dell'Fbi, Chris Wray. “Tale posizione permette di esercitare pressione o controllo sulla nostra infrastruttura e offre la possibilità di condurre campagne di spionaggio non rilevabili”. Gli hanno fatto eco i colleghi delle altre organizzazioni: la diffusione sul mercato americano di marchi e prodotti troppo vicini al governo comunista di Pechino è un rischio che sarebbe preferibile non correre. Huawei ha risposto alle insinuazioni dell'intelligence sostenendo di non rappresentare un rischio maggiore di qualsiasi altro produttore. 

   

 

Gli effetti della sfiducia del governo americano nei confronti delle aziende cinesi ha subito determinato degli effetti concreti. Al Ces 2018, a inizio gennaio, Huawei avrebbe dovuto annunciare una collaborazione con At&t per la distribuzione del Mate 10 Pro sul mercato statunitense, ma l'operatore americano ha cancellato l'accordo all'ultimo minuto. E' la prima di una lunga serie di scontri tra le autorità americane e Huawei, culminati oggi con l'arresto di oggi di Meng Wanzhou.

  

L'arresto della top manager ha mandato in tilt i mercati azionari: in Europa i listini aprono in rosso, dopo la chiusura a picco di Tokyo, scesa dell'1,9 per cento. Londra perde lo 0,78 per cento a 6.868 punti. A Milano l'indice Ftse Mib segna meno 1,03 per cento a 19.128,69 punti. Francoforte cala dell'1,39 per cento a 11.035 punti e Parigi dello 0,93 per cento a 4.898 punti.

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