“Sono Tariff Man”
Ormai la Borsa è nervosa e ha reagito alle fanfaronate di Trump sulla Cina con un crollo devastante
New York. Questa settimana i tweet del presidente americano, Donald Trump, hanno avuto conseguenze molto pesanti sui mercati. Martedì alle dieci del mattino Trump ha scritto “I’m a Tariff Man”, sono un uomo che sostiene la necessità di imporre dazi contro chi vuole approfittarsi della prosperità dell’America, perché imporre tariffe “sarà sempre il modo migliore di aumentare al massimo il nostro potere economico. Stiamo facendo miliardi di dollari in tariffe. Facciamo l’America ricca di nuovo”. Questa gemma, come l’ha definita in modo sarcastico il sito di notizie Politico, a dispetto del tono ottimistico ha confermato quello che gli operatori di Borsa già sospettavano: Trump aveva parlato di un accordo commerciale con la Cina come se fosse una cosa già fatta dopo la cena con il presidente cinese Xi Jinping e invece non era vero nulla, non c’è ancora alcun accordo. Ogni previsione positiva è stata rivista e, al contatto con la realtà, annullata.
L’indice Dow Jones ha perso 799 punti in un giorno, circa il tre per cento, che è il quarto peggior crollo della storia della Borsa americana. L’indice Standard & Poor’s, che segue l’andamento azionario delle 500 aziende americane a maggior capitalizzazione, ha perso il tre per cento. L’indice Nasdaq, che segue i titoli tecnologici, ha perso il quattro per cento. E’ vero che questa super-correzione al ribasso arriva dopo anni di incremento stabile, ma le aziende più esposte nei commerci con la Cina farebbero volentieri a meno di questi colpi molto duri. Boeing ha perso il cinque per cento del suo valore azionario, Caterpillar il sette per cento. Sta succedendo, come commenta il New Yorker, un fatto nuovo. Gli operatori e gli analisti non hanno più tempo per chiedersi se il presidente sta bluffando con motivi precisi oppure se sta semplicemente facendo il gradasso su Twitter o altro, reagiscono con nervosismo e scelgono di default l’ipotesi meno positiva.
Percepiscono che la fine del clima di stabilità economica e di crescita continua di questi anni è in arrivo, non c’è più spazio per le incertezze. Se il presidente, come ha fatto, dice che i dazi cinesi sulle automobili americane sono stati eliminati e invece non è vero, i mercati si adeguano con contromisure brusche.
Mercoledì Trump ha provato a rimediare, sempre su Twitter: “Ci sono segnali molto forti da parte della Cina, una volta che saranno tornati a casa da questo lungo viaggio, che include soste, dall’Argentina (dove si è tenuto il G20). Non voglio sembrare ingenuo o altro, ma il presidente Xi crede davvero a tutto quello che ci siamo detti durante il nostro lungo e speriamo storico incontro. Abbiamo parlato di tutto!”. Come dire: guardate che anche se non ho in tasca per davvero un accordo già firmato, con il presidente cinese c’è un’intesa, abbiate fiducia. I mercati americani erano chiusi per lutto, c’erano i funerali del presidente George H. W. Bush, ma all’estero gli investitori ci hanno creduto poco e hanno venduto. L’indice Hang Seng di Hong Kong è sceso dell’1,6 per cento. L’Ftse 1000 di Londra dell’1,4 per cento. Il portavoce del ministero del Commercio cinese ha fatto una dichiarazione enigmatica sul fatto che le due parti, Cina e America, cominceranno a lavorare sugli argomenti discussi – ma senza dare indicazioni sugli argomenti.
Trump nel giro di poche ore è passato dal dire che “le relazioni con la Cina hanno fatto un grande balzo in avanti” ad avvertire che la sua squadra “lavorerà per vedere se un vero accordo con la Cina è possibile oppure no” fino a tornare a elogiare le tariffe. I’m a Tariff man. Era più di quanto i mercati (quindi aziende che ci mettono il lavoro e investitori che ci mettono i soldi) che chiedono un minimo di certezza potessero tollerare. In Italia le uscite del governo devono misurarsi con la realtà sotto forma di spread e di Unione europea. Adesso anche Trump, che finora era stato protetto da un ciclo economico fortissimo, deve fare i conti con reazioni che finora aveva ignorato. Il bello è che i giornali, ormai esausti, hanno registrato questa retromarcia costosissima ma non l’hanno quasi commentata, come se l’avessero data per scontata.