Appunti venezuelani per scongiurare investimenti russi in Italia
La scorsa settimana Nicolás Maduro aveva annunciato che Mosca era pronta, ancora una volta, a soccorrere Caracas. Il Cremlino manda due caccia ma smorza gli entusiasmi del presidente del Venezuela
Roma. Anche da noi c’è chi vagheggia soluzioni venezuelane, espropriazioni, razionamenti, nazionalizzazioni o interventi salvifici di potenze straniere. La simpatia per il Venezuela appartiene più ai gialli che ai verdi del governo italiano, eppure c’è un tratto che li accomuna tutti – i gialli, i verdi e i funzionari del governo di Caracas. Questo tratto è l’amicizia con Mosca, spesso più millantata che reale. La scorsa settimana Nicolás Maduro, di ritorno dal Cremlino, aveva raccontato che i russi erano pronti ad aiutare l’economia venezuelana. Che ministri e funzionari gli avevano promesso sei miliardi di dollari di investimenti, cinque da usare per il petrolio, uno per le risorse minerarie del paese. Inoltre Mosca garantiva seicentomila tonnellate di grano per coprire le necessità della popolazione per tutto il 2019. Maduro aveva parlato di accordi bilaterali per aiutare il suo paese a uscire dalla crisi economica, determinata dalle sue politiche, dall’inflazione e dalle sanzioni americane. E’ bastato attendere il fine settimana per lasciare che lo scetticismo russo arrivasse e smentisse le parole del leader venezuelano. I russi hanno cercato di frenare l’entusiasmo. “A noi non risulta” ha detto al Financial Times una persona vicina a Rosneft, la compagnia petrolifera statale russa. Inoltre la cifra, i sei miliardi di dollari, è uguale a quella già prestata dai russi alla società venezuelana Pdvsa come pagamento anticipato per il greggio. Maduro a Mosca ha incontrato Igor Sechin, amministratore delegato di Rosneft e, secondo la fonte citata dal quotidiano britannico se l’investimento fosse stato reale, anche i russi avrebbero emesso un comunicato.
Vaga anche la risposta di Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino è stato consultato venerdì e si è limitato a dichiarare di non avere nulla da aggiungere e che la Russia in un modo o nell’altro rimarrà vicina al Venezuela. Dimostrare disponibilità nei confronti di paesi in difficoltà e solitamente sanzionati dalle potenze occidentali è una strategia che la Russia pratica dal 2014, quando in seguito all’annessione della Crimea ha cercato di compensare il tesissimo rapporto con Stati Uniti e Unione europea, stringendo legami con altri paesi. Così ha deciso di dare il suo sostegno a paesi quali l’Iran, la Cina e il Venezuela. Ma anche in Grecia, dove il Cremlino vagheggiò la possibilità di fornire aiuti economici durante i tempi della crisi e dei dissidi con Bruxelles. Che Vladimir Putin abbia interessi a Caracas non ci sono dubbi, il suo sostegno ha anche fatto arrabbiare gli Stati Uniti. Ma come spesso accade ad alcuni leader di ritorno da Mosca, le promesse e gli accordi sono al di sotto delle aspettative. Nicolás Maduro ha anche parlato delle volontà di Mosca di modernizzare l’esercito venezuelano, ma il Cremlino si è limitato a dire che in seguito a una riunione frettolosa in cui erano presenti i ministri della Difesa dei due paesi, la Russia ha dichiarato che continuerà a utilizzare i porti e gli aeroporti del paese sudamericano e ha aggiunto che esiste l’idea di iniziare progetti educativi congiunti che oggi si sono concretizzati con l'annuncio di esercitazioni militari che i due eserciti porteranno avanti insieme e con l'arrivo all'aeroporto di Maiquetia di due caccia russi, due bombardieri Tu-160.
L’idea di Maduro di invitare le potenze straniere e di svendere le risorse del paese ha sicuramente attratto la Russia che però non si sforza nemmeno di nascondere i suoi veri interessi. Mosca vuole continuare a sfruttare le riserve petrolifere e minerarie del Venezuela che per il Cremlino è una base importante, un punto strategico per garantirsi un accesso cruciale, una porta aperta in Sudamerica, per assicurarsi un alleato contro gli Stati Uniti e anche per infastidirti, per far sentire la presenza russa non troppo lontana da Washington. Lo scenario venezuelano è il paradigma perfetto per capire come si comporta il Cremlino quando vuole aiutare l’economia di un paese in crisi. Dà poco e sfrutta molto, d’altronde anche le risorse della Russia sono limitate, ma basta mantenerlo segreto e forse anche il leader di qualche altra nazione tornerà da Mosca convinto che basti l’arrivo del Cremlino a riassestare tutti i problemi economici. Poi funzionari e aziende russe smentiranno il giorno dopo, ma non importa, l’importante è intestardirsi nella convinzione che la Russia sia una soluzione.