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Non eravamo Charlie

Giulio Meotti

Parla Zineb el Rhazoui, travolta dalle minaccie di morte islamiste quattro anni dopo la mattanza dei colleghi

Roma. “L’islam deve sottomettersi alle critiche, sottomettersi all’ironia, sottomettersi alle leggi della Repubblica”. Zineb El Rhazoui ha pronunciato queste parole nel corso di un’intervista al canale CNews lo scorso 17 dicembre. Dopo poche ore, la giornalista diventa il bersaglio di una serie di minacce di morte, di stupro, di tortura. Non che non fosse avvezza. Rhazoui ha sei guardie del corpo, più di molti ministri francesi, e ha cambiato spesso casa a Parigi in questi quattro anni per motivi di sicurezza.

 

In mancanza di una pallottola o di esplosivo, si suggerisce in rete di schiacciarle la testa, di sgozzarla, di darle fuoco e se proprio non c’è altro modo, di bruciarle almeno la casa. Il faut tuer Zineb El Rhazoui pour venger le Prophète. Bisogna uccidere Zineb El Rhazoui per vendicare il Profeta, recita una fatwa. Lei, infatti, è la ex collaboratrice di Charlie Hebdo, scampata per caso alla strage del 7 gennaio 2015, e oggi una delle poche superstiti della vecchia redazione che ancora parlano e scrivono.

 


foto tratta dal profilo Facebook di Zineb El Rhazoui


 

Il magazine Paris Match la definisce “la donna più protetta di Francia”. I fratelli Kouachi cercavano anche lei quel giorno. Foto di lei e del marito come prigionieri pronti per essere giustiziati sono apparse sui siti islamisti, assieme alla guida di localizzazione della sua casa e dei suoi spostamenti. Il 19 dicembre scorso, Zineb el Rhazoui è tornata sugli schermi per annunciare di avere presentato denuncia e per ripetere le sue convinzioni: “Non è la prima volta che sono vittima di una campagna d’odio e anche di fatwa (editti religiosi) che reclamano la mia testa. Ripeto quel che penso: l’islam deve sottomettersi alle leggi della Repubblica, all’umorismo, alla ragione, alla critica, come tutte le altre religioni”. Adesso la donna ne parla al Foglio. “Mi sento abbandonata, mi sento minacciata, mi sento insultata, perché ho criticato l’islam, perché ho detto che l’islam deve accettare la critica, lo humour, il rispetto della legge”, ci dice Rhazoui.

 

“Ogni giornalista e intellettuale che critica l’islam in Europa viene attaccato in quanto razzista, perché ‘offende i sentimenti dei musulmani’. Mi sento abbandonata. In Francia molti restano in silenzio quando questi attacchi hanno luogo. Ma allo stesso tempo mi sento sostenuta da tante persone, e anche molti politici, di sinistra e di destra. Questo tema è al di sopra la politica. La repubblica francese dipende da questo. Quattro anni dopo Charlie Hebdo, la situazione è molto peggiorata. Questa nuova campagna di odio non è stata provocata nemmeno da una caricatura, ma da una semplice frase. Nessun giornale al mondo oggi ripubblicherebbe una sola vignetta su Maometto. Fummo noi a ripubblicare le vignette danesi. Ma parlo dei media. L’opinione pubblica francese è diversa, ci sono stati così tanti attacchi terroristici che la percezione del pericolo e del problema è cresciuta. Molti giornalisti di Charlie Hebdo hanno smesso di occuparsene, tanti se ne sono andati, ma non posso biasimarli, li capisco che ne hanno abbastanza. Quelli che dobbiamo biasimare sono gli altri giornalisti, i media in generale, non i sopravvissuti distrutti psicologicamente”.

 

Un giorno Zineb el Rhazoui incontrò l’allora direttore di Charlie Hebdo, Stephane “Charb” Charbonnier. “E se raccontassimo chi era davvero Maometto?”, le chiede lui. Lei scrive i testi, lui disegna. Ne fanno un libro. Quei disegni contribuiranno all’escalation di intimidazioni contro il settimanale culminate nella strage scientifica di quella mattina. “Charb” viene ucciso e Zineb entra in clandestinità. “Le persone devono capire che in gioco qui c’è la civiltà contro la barbarie, l’imposizione dell’islam tramite la sottomissione” continua al Foglio Zineb el Rhazoui. “Questo progetto islamista sta cambiando il volto di tutti i paesi in cui si impone, la società è stata cambiata ovunque, lo status delle donne, la libertà di coscienza, la libertà di parola, la vita sessuale, il modo di vestire e molto altro. In Francia in molte aree si stanno perdendo tutte queste libertà e non puoi entrare in pantaloni corti. Dobbiamo ribellarci a questo progetto. Dobbiamo capire che la libertà religiosa in Europa è sacrosanta, ma se ci arrendiamo sui nostri valori, ci apriremo alla conquista islamista, e sarà la fine della nostra civiltà, della ragione, dei diritti e della libertà, la fine del nostro mondo”. Soltanto tre mesi fa, la giornalista di origini marocchine era finita nel mirino degli integralisti islamici per aver sostenuto, ospite della trasmissione Punchline, che le donne velate con il loro comportamento avallerebbero la stessa “ideologia islamica radicale”. Frase, questa, che le è costata una denuncia del Collettivo contro il razzismo e l’islamofobia.

 

La ragione di tale silenzio e abbandono, forse, l’ha spiegata sul Figaro il sociologo Laurent Bouvet: “Se Zineb El Rhazoui fosse stata minacciata dall’ebraismo o dal cristianesimo, sarebbe stata difesa da coloro che oggi sono così silenziosi perché si tratta di islam”. Sopra quest’ultimo c’è infatti scritto: “chi tocca, muore”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.