Marine Le Pen (foto LaPresse)

Il tuo regno per un rublo

Micol Flammini

La storia del prestito di una banca russa al Front national di Marine Le Pen è un avvertimento per i governi che invocano l’aiuto di Mosca

Roma. Secondo Mark Galeotti, esperto di sicurezza russa dello European university institute di Firenze, siamo un esperimento. Tutti noi, nessuno escluso. Chiunque abbia nel suo territorio un partito pronto a dichiarare che l’Europa o la Nato dovrebbero avere un approccio diverso nei confronti della Russia può diventare oggetto di interesse da parte dei russi. Ma non c’è una strategia, manca uno schema, un piano. Così è successo con il Rassemblement national, quando ancora si chiamava Front national e sperava di vincere le elezioni presidenziali. Era il 2014 e Marine Le Pen aveva bisogno di denaro, diverse banche francesi si rifiutarono di prestare soldi a un partito che si dichiarava di ultradestra, con tendenze xenofobe. Vennero accusate di discriminazione e la leader chiese ai funzionari del partito di trovare questo denaro altrove. Fu Jean-Luc Schaffhauser, eurodeputato da sempre sostenitore di un’alleanza tra Europa e Russia, a prendere i contatti con Alexander Babakov, inviato speciale del Cremlino per gli affari russi all’estero. Schaffhauser, alla ricerca di un prestito, sosteneva che la Russia sarebbe stata il miglior alleato, e Babakov glielo offrì. La proposta riguardava una banca semisconosciuta fondata in Repubblica ceca e trasferitasi a Mosca, la First Czech Russian Bank, nata come joint venture tra una banca statale e un prestatore russo che all’inizio del 2000 divenne parte di una compagnia per la costruzione di un gasdotto russo, acquistato successivamente da Gennady Timchenko, oligarca amico di Vladimir Putin. La First Czech acconsentì subito a versare al Front national 9,4 milioni di euro a un tasso di interesse del 6 per cento, da restituire entro il 23 settembre 2019.

 

Fu la rivista francese online Mediapart a parlare per la prima volta degli aiuti russi al Front national, venne in possesso di una serie di documenti riservati che spiegavano la trattativa e che rivelavano come nel 2016 la banca iniziò a perdere risorse dopo che Elvira Nabiullina, capo della Banca centrale russa, avviò un’inchiesta e ordinò la chiusura di una serie di banche che avevano intrapreso degli investimenti discutibili, e anche il prestito esteso alla leader francese fu ritenuto discutibile. Circa cento istituti finanziari nel 2016 sono stati chiusi perché minacciavano la stabilità economica della Russia e tra questi c’era anche la la semisconosciuta First Czech, che venne posta sotto la gestione di amministratori provvisori. L’istituto decise di vendere il prestito a una compagnia russa ancora più torbida e sconosciuta della banca, che poi lo trasferì alla Aviazapchast, una società storica di forniture di aerei, erede dell’istituto di aviazione sovietico che oggi tra i suoi clienti vanta Bashar el Assad. Non è chiaro perché l’Aviazapchast abbia deciso di farsi carico del prestito, il suo proprietario è un uomo d'affari russo che ha un appartamento vicino all’Arco di Trionfo a Parigi.

 

La fine della vicenda politica di Marine Le Pen già la conosciamo, ha perso le elezioni nel 2017, nonostante il soldi russi, e il Front national non esiste più. Al suo posto è stato creato il Rassemblement national. Il Cremlino, che sperava di conquistare una roccaforte nel cuore dell’Europa per portare avanti i suoi interessi, ha perso assieme a Marine Le Pen, ma quel debito la leader russofila dovrà pur ripagarlo. Quattro anni dopo il lancio del sogno delle presidenziali, la First Czech non esiste più, ma esiste ancora il prestito che il tesoriere del partito sta ripagando a una sconosciuta. L’ignota signora Romanova che il tesoriere ha ammesso di non conoscere.

La saga del prestito al Front national è un paradigma che mostra, secondo l’Alliance for Securing Democracy e il C4ADS, due gruppi per la difesa citati dal Washington Post, come la Russia sia disposta a sfruttare reti finanziarie illecite per scopi politici. Mosca non ha un piano, il suo è un esperimento al quale i partiti che ovunque chiedono intervento a aiuti russi si concedono.