La “spia” americana
Che cosa non torna nel caso dell’ex marine arrestato per spionaggio a Mosca. Se è un ricatto, è inutile
New York. All’inizio si era pensato che l’arresto di un ex marine americano a Mosca con l’accusa di essere una spia fosse un espediente per fare pressione sull’Amministrazione Trump e ottenere la liberazione di Maria Butina, una cittadina russa che a dicembre ha confessato in tribunale di essere un agente del governo russo. In sintesi: un ricatto. Non è un pensiero così astratto, considerato che dal primo giorno di dicembre, da quando il Canada ha arrestato Meng Wanzhou, la figlia del fondatore del gigante dell’elettronica cinese Huawei, su richiesta americana, la Cina ha arrestato almeno tredici cittadini canadesi e per ora ne ha liberati otto, tanto per segnalare come vuole condurre i negoziati: voi arrestate una cinese che per rango e interessi economici è cara al governo e noi arrestiamo i vostri cittadini – tanto qualche accusa la troviamo sempre.
Il caso dell’ex marine Paul Whelan tuttavia non quadra. Giovedì un tribunale di Mosca ha formalizzato l’accusa di spionaggio, l’americano avrebbe ricevuto una chiavetta usb con una lista di dipendenti della Difesa russa poche ore prima dell’arresto, sabato 22 dicembre. Era in Russia per partecipare al matrimonio di un amico, quando gli altri invitati non lo hanno visto arrivare si sono preoccupati, soltanto lunedì hanno letto sui giornali che era stato portato al carcere di Lefortovo, che ai tempi d’oro era usato dal Kgb per le spie straniere e i dissidenti politici, e hanno tirato un sospiro di sollievo, non era morto in qualche incidente. Ma Whelan rischia vent’anni di prigione, la sua situazione è seria anche se – dice il suo avvocato – è di ottimo umore. “Forse non si rende conto”. Fonti della Cia dicono al New York Times che Whelan quasi certamente non è un agente dei servizi segreti. Quando era sergente dei marine fu processato e degradato a soldato semplice perché aveva tentato di falsificare degli assegni usando l’identità di un’altra persona. E’ difficile, sostengono le fonti, che con questi precedenti sarebbe riuscito a farsi arruolare nei servizi.
Whelan andava spesso in Russia, aveva un profilo su VKontakte, il Facebook russo, aveva una rete di amici russi – molti impiegati alla Difesa, del resto era andato per la prima volta a Mosca grazie a un programma di scambio militare – e come racconta il Financial Times avrebbe insospettito l’Fsb, il controspionaggio erede del Kgb, perché coltivava i suoi contatti e non passava il suo tempo a corteggiare le donne russe come tutti gli altri americani. Il punto più inspiegabile in questa storia è che Maria Butina, la cittadina russa rea confessa che ha passato anni in America a scalare con discrezione il mondo delle lobby e dei repubblicani, è sotto processo ma non sarà tenuta in un carcere americano, è molto probabile che sarà giudicata, espulsa e portata in Russia entro pochi mesi (Butina non è accusata di spionaggio, ma di avere agito come agente di un governo straniero senza prima registrarsi come tale). Se questo è il caso, perché allora i russi dovrebbero montare un ricatto per ottenere qualcosa che comunque otterrebbero lo stesso? Il Guardian scrive che Whelan ha doppia cittadinanza, ha anche un passaporto inglese e dopo l’imbarazzo del caso Skripal e le accuse bizzarre dell’aprile 2017 – quando il ministro degli Esteri Sergei Lavrov disse che gli inglesi erano complici di un attacco chimico in Siria – mettere in difficoltà gli inglesi sarebbe un’occasione interessante. Per ora, queste sono le cose che si sanno in pubblico.