In Israele Netanyahu è indistruttibile, ma qualcuno affila le armi
Alle elezioni anticipate di aprile l’opposizione di sinistra e i movimenti di destra sono frammentati, e tutti pensano ai “provini”
Milano. Sono giorni di colpi di scena, di scismi e di debutti, di drammi politici in diretta televisiva quelli che vive Israele dopo l’annuncio, a dicembre, di elezioni anticipate: si andrà alle urne il 9 aprile, anziché a novembre. Da oltre un mese, la coalizione di destra guidata dal premier Benjamin Netanyahu governa con una maggioranza risicata, 61 seggi su 120 alla Knesset. A indebolire l’alleanza è stata a novembre l’uscita di scena del ministro della Difesa Avigdor Lieberman, in rotta con il primo ministro a causa di disaccordi sulla risposta militare nei confronti di Hamas, che controlla Gaza. A innescare la decisione di Netanyahu di dissolvere il Parlamento per aprire la corsa alle elezioni sarebbe stato secondo i media israeliani non soltanto la nuova debolezza numerica, ma anche la raccomandazione (trapelata di recente sui giornali) di una squadra di legali nominata dal procuratore di stato di incriminare il premier per corruzione in due dei diversi casi giudiziari in cui è coinvolto. Netanyahu, tra i leader più duraturi della storia israeliana e senza dubbio una delle figure più abili nell’arte della sopravvivenza politica, ha fatto la sua scommessa: arrivare al momento in cui riesploderanno le notizie sui suoi casi giudiziari nella forte posizione di premier appena rieletto, di vincitore per l’ennesima volta e nonostante tutto.
Attorno a lui, intanto, la scena politica israeliana si frammenta, implode in un caos di fratture e alleanze che traballano. A riassumere i tumulti di queste settimane, cui persino i più navigati cronisti politici della stampa israeliana faticano a star dietro, c’è l’immagine di un dramma consumatosi in diretta televisiva, il primo gennaio. Sul podio più alto, parla il Avi Gabbay, leader dell’indebolita sinistra israeliana. Ha gli occhi bassi. Accanto, il viso teso in una maschera quasi di sdegno, c’è Tzipi Livni, l’eterno premier mancato di Israele, a capo di HaTnuah (il movimento, in ebraico), fino a quella conferenza stampa alleato dei laburisti. La fotografia immortala il momento in cui Gabbay, senza nessun avvertimento precedente, scarica in diretta Livni e il suo partito che, se corresse da solo in aprile, non raggiungerebbe quasi sicuramente lo sbarramento del 3,25 per cento.
La rottura drammatica della coalizione di sinistra è soltanto l’ultimo capitolo di una serie di frammentazioni. A destra, gli ex allievi e alleati di Netanyahu, il ministri Naftali Bennett e Ayelet Shaked, hanno abbandonato il loro partito di ultra destra, HaBayit HaYehudi, Focolare ebraico, per fondarne un altro, HaYamin Hehadash – la Nuova Destra – che vorrebbe essere più laico del movimento d’origine. Nel giro di poche settimane sono nati anche il partito Gesher (Ponte) della deputata Orly Levy-Abekasis, ex alleata di Lieberman; Telem (dal nome del partito che fu di Moshe Dayan) dell’ex ministro della Difesa di Netanyahu Moshe Ya’alon; e più al centro Hosen L’Yisrael, Resilienza per Israele, dell’ex capo di Stato maggiore Benny Gantz. Per ora, con i sondaggi che lo danno a 12 seggi, un’agenda non chiara perché non ancora pubblica, e solide credenziali militari e di sicurezza, Gantz potrebbe essere il solo a offuscare un poco i pensieri di Netanyahu. Il Likud, il partito del premier, secondo le proiezioni del quotidiano Maariv otterrebbe infatti 30 seggi. Il primo ministro ha poi un’indubbia abilità nel lavorare ad alleanze per formare coalizioni: arte necessaria in Israele per governare. “Non esiste al momento alcuna minaccia per il primo ministro”, spiega Tal Schneider, corrispondente politica e diplomatica per il Globes, il quotidiano finanziario israeliano. Certo, è troppo presto per tirare le somme, dice, e in queste settimane in Israele sta nascendo un nuovo scenario politico. “E’ iniziata la successione”, ha scritto Haaretz, benché il quotidiano spieghi senza cerimonie come si preannunci un’ennesima vittoria di Netanyahu, in assenza di rivali credibili. Tuttavia, “in molti pensano che il premier uscirà di scena dopo le elezioni. Per questo – dice Schneider – molti politici si presentano adesso agli elettori come in una sorta di provino. Vogliono che il pubblico israeliano li veda in una nuova e migliore posizione, che li giudichi per la prossima fase”