Il primo anniversario della Revolución senza Fidel Castro

Il 9 gennaio 1959 il Líder Máximo entrava a l'Avana per assumere il potere. Sessant’anni sono passati ma alcune ambiguità non si sono mai risolte. A partire dai retroscena di una foto emblematica

Maurizio Stefanini

C’è una foto iconica di quando Fidel Castro entra all’Avana per assumere il potere: nell’uniforme verde oliva e col berretto a visiera poi diventati un simbolo, è a bordo di una jeep, e ha una mitraglietta in mano. Verso di lui guarda Camilo Cienfuegos, altro famoso comandante guerrigliero morto il 28 ottobre del 1959 in un misterioso incidente aereo: anche lui barba fluente e capelli ancora più lunghi, con un cappello da cow-boy e un mitra. Si intravede appena dietro, semi-coperto, un uomo in divisa da ufficiale di marina, mentre una mano misteriosa stringe un terzo mitra. Il tutto firmato da Alberto Díaz Gutiérrez, in arte Alberto Korda. E Fidel ne fu così impressionato che lo chiamò ad accompagnarlo nel suo primo viaggio in Venezuela, facendone il fotografo ufficiale del regime. Autore tra l’altro della foto del Che Guevara divenuta emblema del XX secolo.

     

Ma spesso le cose non sono come sembrano, e dopo quarant’anni saltò fuori infatti che in realtà il vero autore era stato un altro fotografo dello studio: Luis Antonio Peirce Byers, alias Luis Korda. Firmavano tutti con lo stesso cognome d’arte, pur non essendo parenti. Ma quello sarebbe il minimo. In effetti la foto era stata tagliata, e accanto a Fidel, a Cienfuegos e al marinaio si vedevano davanti un nero in uniforme e bustina e con un fucile Garand molto poco da guerrigliero e piuttosto da soldato regolare; a sinistra un paio di volti, di un bianco seminascosto e di un altro nero; e soprattutto alla destra di Fidel un proprietario della mano misteriosa che altro non è se non Huber Matos. Un altro popolare comandante guerrigliero che però avrebbe rotto con Fidel già luglio denunciandone la svolta comunista. Arrestato, sarebbe rimasto in carcere fino al 1979 per poi andare in esilio, dove è morto 95enne nel 2014. Insomma, una cancellazione e riscrittura della storia in pretto stile staliniano-orwelliano.

   

Ma a sapere questi retroscena, in fondo, la foto diventa anche più emblematica, di quel che davvero avvenne sessant’anni fa a Cuba. Fulgencio Batista scappa infatti dall’Avana il primo gennaio del 1959, ma è solo dopo una settimana che Fidel Castro ci entra. Il motivo di questi ritardo è che in realtà anche lui è preso di sorpresa dall’improvvisa svolta. I dati ufficiali sulla consistenza dell’Esercito Ribelle che ha fatto la Rivoluzione Cubana ci dicono infatti che i 50 uomini dei primi mesi del 1957 sono diventati 80 a maggio, 200 a dicembre, 300 nell’aprile 1958, e non più di 2.000 al momento di quella fuga. Anche il fallimento dello “sciopero generale rivoluzionario” indetto il 9 aprile 1958 dimostra come i cubani nella loro stragrande maggioranza guardino la lotta alla finestra, aspettando di vedere chi è il vincitore. Ma la ristretta minoranza che sta con Fidel è determinata. I soldati di Batista, invece, sono demotivati. I profittatori di regime pensano più a portare in salvo le ricchezze mal guadagnate che a farsi ammazzare. E lo stesso dittatore permette a quel pugno di ribelli di organizzarsi indisturbati, solo perché la “guerra” gli consente di approvare bilanci e spese straordinarie, aggirando i controlli della Corte dei Conti.

    

Solo nel settembre 1957, quando la marina tenta di ammutinarsi, il dittatore comincia a preoccuparsi. E l’allarme cresce nel marzo successivo, alla notizia che Washington ha decretato l’embargo sulle forniture di armi. Atterrito dalla prospettiva di perdere l’appoggio di forze armate e americani, le due colonne del suo regime, il 24 maggio 1958 Batista lancia contro i ribelli della Sierra Maestra un’offensiva che vorrebbe essere risolutiva. Ma 10.000 uomini contro 300 non riescono a venire a capo di quella formidabile fortezza naturale, dopo 76 giorni inizia la ritirata, e il 21 agosto è Fidel a ordinare l’offensiva. L’occupazione di Santiago il 7 novembre, di Sancti Spiritus il 20 dicembre e di Santa Clara il 24 dicembre dà l’idea che la conclusione sarà rapida, ma la partenza di Batista in aereo per Santo Domingo dopo aver brindato al Capodanno è anche più veloce delle aspettative. Prima di entrare nella capitale Fidel, sistemato a Santiago, manda dunque Che Guevara in avanscoperta: motivo per cui il medico argentino inizia a diventare famoso. Un po’ teme forse qualche trappola. Un po’ vuole consolidare il potere a Oriente, per impedire che altri gruppi guerriglieri rivali possano di lì contendergli il potere.

     

Nel frattempo, il 2 gennaio si è insediato come primo presidente della Rivoluzione Manuel Urrutia Lleó, ma è solo il 5 gennaio che José Miró Cardona ne diviene il primo primo ministro. Il primo è un giudice che il 14 marzo del 1957 ha clamorosamente assolto alcuni guerriglieri dicendo che siccome Batista ha assunto il potere con un colpo di stato la loro lotta è illegittima, per poi andare esule in Venezuela; il secondo, presidente del Collegio Avvocati dell’Avana, dalla sua cattedra universitaria ha esortato o suoi studenti a unirsi alla Rivoluzione. Entrambi alla lotta contro il dittatore hanno però dato un sottinteso liberale, ed entrambi sono personaggi graditi agli Stati Uniti: l’avvocato, in particolare, è legale di importanti multinazionali yankee. Se Fidel Castro li abbia voluti per gettare fumo negli occhi o se solo in un secondo momento si sua reso conto che le sue e le loro visioni erano incompatibili, è tuttora argomento di dibattito storico. Il 15 febbraio, comunque, Fidel Castro, fino ad allora solo comandante dell’Esercito Ribelle, nomina sé stesso primo ministro. Miró Cardona è mandato come ambasciatore in Spagna, ma già a fine anno va all’ambasciata argentina e chiede asilo politico, per poi dirigersi verso gli Stati Uniti. Anche Urrutia inizia a scontrarsi quasi subito con Fidel, per essere rimosso il 17 luglio. Anche lui chiede poi asilo all’ambasciata del Venezuela, per dirigersi verso gli Stati Uniti. Miró Cardona sarà poi con i ribelli che cercando di sbarcare alla Baia dei Porci: se avessero vinto, sarebbe ridiventato presidente di Cuba. In effetti è il 26 novembre 1959 che si dimette l’ultimo membro anticomunista del governo: il ministro dei Lavori pubblici Manuel Ray, che va a sua volta negli Stati Uniti. La svolta è ormai chiara quando, il 4 febbraio 1960, il vice-presidente sovietico Anastas Mikoyan va in visita a Cuba, ma tecnicamente è solo il 17 aprile 1961 che, al momento dell’invasione della Baia dei Porci, Fidel si dichiara ufficialmente comunista.

  

Sessant’anni sono passati, ma alcune ambiguità non si sono mai risolte. Con Miguel Díaz-Canel presidente dallo scorso 18 aprile, questo è in pratica il primo anniversario della Rivoluzione in cui non vi sia più uno dei fratelli Castro al vertice dello stato come presidente e/o primo ministro. E proprio nei 60 anni dalla nomina a primo ministro di Miró Cardona è stata pubblicata quella nuova Costituzione che dovrà essere approvata per referendum a febbraio e che sul modello del comunismo di mercato cinese riconosce la proprietà privata e l’investimento straniero, ma non il pluralismo politico e neanche quello informativo. Anzi, malgrado quanto annunciato è stato poi tolto anche il matrimonio gay.

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