Robert Lloyd Schellenberg, il cittadino canadese arrestato in Cina e condannato alla pena di morte

Nella guerra tra America e Cina si trova sempre in mezzo il Canada

Giulia Pompili

Pene di morte, arresti e renditions dopo il caso Huawei

Roma. Un tribunale di Dalian, in Cina, ha condannato alla pena di morte il cittadino canadese Robert Lloyd Schellenberg per traffico internazionale di stupefacenti. In primo grado Schellenberg era stato condannato a 15 anni di prigione, ma in Appello i giudici hanno seguito la pubblica accusa, che aveva chiesto la pena capitale. Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha detto: “La Cina ha scelto di usare arbitrariamente la pena di morte”, riferendosi non troppo velatamente al deterioramento dei rapporti diplomatici tra Cina e Canada, dopo l’arresto della direttrice finanziaria del gigante cinese Huawei avvenuto a Vancouver il 1° dicembre scorso su richiesta dell’America. “Il traffico di droga è reato in Cina. Questo caso non va collegato a quello di Meng Wanzhou”, ha scritto su Twitter il direttore del Global Times Hu Xijin.

 

Mancano due settimane e mezzo al termine per la richiesta formale di estradizione di Meng da parte del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, poi il Canada avrà altri 30 giorni per decidere se procedere. Nel frattempo sarebbero in totale 13 i cittadini canadesi arrestati in Cina. I casi più controversi sono quelli che riguardano Michael Kovrig e Michael Spavor, entrambi arrestati da Pechino il 10 dicembre perché “rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale”. L’altroieri Trudeau ha chiesto l’immunità diplomatica per Kovrig, che è un dipendente del ministero degli Esteri canadese in aspettativa. La Cina ha rifiutato. La guerra dell’America contro Huawei, sospettata di vendere componenti all’Iran sotto sanzioni, di rubare tecnologie e soprattutto di usare i dispositivi per lo spionaggio, sta diventando una guerra internazionale (venerdì scorso la Polonia ha fermato un dipendente Huawei) fatta di arresti, estradizioni e minacce. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.