Donald Trump all'ultimo vertice della Nato a Bruxelles, luglio 2018. Foto LaPresse

Regno Unito in crisi, America in shutdown e Trump vuole uscire dalla Nato. Eccolo il populismo

Daniele Raineri

Il presidente degli Stati Uniti in privato parla di lasciare l’Alleanza atlantica e spesso impone queste idee in politica

New York. Il presidente americano Donald Trump ha detto più volte ai suoi collaboratori alla Casa Bianca nel corso del 2018 che vuole uscire dalla Nato, scrive il New York Times (i giornali americani in questo periodo sfornano ogni tre giorni quelli che un tempo sarebbero stati i pezzi dell’anno). Trump ne parlò anche prima e dopo il vertice Nato di luglio, quello in cui trattò malissimo gli altri paesi membri a cui toccò abbozzare perché l’America è pur sempre la chiave di volta che da settant’anni regge tutta l’Alleanza atlantica. Ora sappiamo che Trump dice in privato al suo staff che per lui “non ha senso restare dentro la Nato”.

   

Sono gli effetti dell’onda lunga populista cominciata nel 2016 e ora li vediamo diventare concreti. In questo momento le due democrazie più antiche del mondo, il Regno Unito e l’America, sono paralizzate dalle crisi politiche provocate da due idee squisitamente populiste, la Brexit e la grande muraglia anti immigrati. Il Regno Unito in stato confusionale discute come uscire dall’Unione europea senza però trovare una posizione soddisfacente (del resto come potrebbe trovarla, la scelta è tra sfumature diverse di disastro), l’America è al ventiquattresimo giorno di shutdown del governo – record senza precedenti storici – perché Trump non vuole abbandonare la promessa elettorale di costruire una barriera lungo i tremila chilometri di confine con il Messico. In realtà nel 2016 i suoi speechwriter inserivano l’elemento muro nei suoi discorsi soltanto per ricordargli di trattare sempre e senza essere noioso il tema immigrazione, che ha una presa forte sugli elettori. Doveva funzionare come una figura retorica per ricordare a tutti che il candidato Trump era il più forte contro gli immigrati. Pensa di costruire un grande muro! Due anni più tardi quella proposta nata soltanto per far parlare i media e ottenere un ritorno di pubblicità gratuita è diventata la linea ufficiale del governo americano e il presidente non vuole indietreggiare anche se non ha i voti al Congresso che gli sarebbero necessari per ottenere i fondi. I democratici non intendono cedere – perché dovrebbero regalare a Trump un’arma elettorale per il 2020, dopo avere appena vinto di prepotenza le elezioni di metà mandato? – i repubblicani sostengono che la mancanza di un muro è “un’emergenza nazionale” anche se il flusso degli immigrati da sud non è mai stato così scarso come in questi anni.

Il risultato è che l’America è in stallo, come succede quando una forza incontrastabile incontra un oggetto inamovibile. 

  

Quando si dice che la Russia è molto favorevole ai partiti populisti perché seminano il caos e sfasciano le istituzioni che hanno garantito per decenni la stabilità e il benessere ci si riferisce a questo tipo di situazione. La dottrina del presidente russo Vladimir Putin sostiene che non è necessario essere più forti dei propri avversari – del resto la Russia postsovietica non può permetterselo, ha un’economia troppo debole – se riesci a trascinare gli avversari giù al tuo livello. L’America e l’Unione europea in crisi politica permanente sono un sogno che si avvera per l’apparato putiniano che da vent’anni governa a Mosca. Per ora qui si scrive che “la Russia è molto favorevole al populismo” perché ancora ci sono molte cose da scoprire, ma non si sta parlando di una generica simpatia politica russa verso i partiti che vogliono scardinare Unione europea e Nato. La Russia aiuta attivamente questo piano di destabilizzazione e anche se ancora non sappiamo con quale grado di coinvolgimento e di successo ci sono già molte prove – a partire dal fatto che l’intelligence russa nel 2016 violò i computer della campagna democratica e di quella del candidato Trump, ma fece uscire soltanto il materiale sottratto ai democratici per danneggiarli. Difficile non ricordare che soltanto una settimana dopo il vertice Nato ci fu la conversazione di due ore faccia a faccia a Helsinki tra Trump e Putin e il presidente americano rifiutò di dire persino ai suoi collaboratori più stretti di cosa aveva parlato con il russo, secondo uno scoop del Washington Post. Chissà se l’argomento eliminazione dell’Alleanza atlantica fu toccato.
Il presidente americano vuole uscire dalla Nato e per ora ne parla soltanto in privato, perché poi in pubblico entra in funzione il cordone sanitario di ex generali e consiglieri che si occupa a tempo pieno di rassicurare il resto del mondo. Eppure sappiamo che non c’è copertura che tenga, alla fine sono le idee personali di Trump a prevalere. A dicembre con un paio di tweet ha gettato via tutti i piani a lungo termine dell’America in Siria, gli stessi piani che i suoi sottoposti avevano descritto agli alleati per mesi come se fossero ormai sicuri, e a un mese di distanza ancora non sappiamo con certezza se gli americani alla fine abbandonano i curdi nella Siria orientale e quando. In teoria il termine indicato da Trump scade fra due giorni, in pratica non un solo soldato americano è già tornato a casa perché lasciare il campo con troppa fretta è pericoloso. E’ un altro caso di populismo contro realtà. Tuttavia, il cordone sanitario che circondava Trump nei primi due anni di mandato ormai si è assottigliato, molti se ne sono andati via o sono stati cacciati, e chi è arrivato dopo è in difficoltà.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)