Macron è tornato a combattere e apre un grande dibattito nazionale
Il presidente francese ha recuperato lo spirito della campagna elettorale dopo batoste e gilet gialli, ma occhio al caso Benalla
Parigi. E’ stato un dibattito-maratona quello che Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese, ha animato martedì a Grand Bourgtheroulde, in Normandia, davanti a seicento sindaci, prevalentemente alla guida di comuni rurali. Sei ore e quaranta di scambi, botta e risposta, difese muscolari dei dossier che scottano e delle riforme liberali di cui la Francia ha un bisogno vitale, ma anche messaggi di apertura perché “non ci sono tabù”, ha detto l’inquilino dell’Eliseo, nemmeno sul ripristino dell’Isf, la tassa sui grandi patrimoni che cristallizza tutte le rabbie della Francia profonda. Accompagnato dal ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, dal suo collega alle Collettività territoriali, Sébastien Lecornu, dalla titolare dell’Ecologia, Emanuelle Wargon, e da Jacqueline Gourault, al vertice del dicastero della Coesione dei territori, il presidente francese ha dato il via al “grande dibattito nazionale” che durerà fino a metà marzo e al termine del quale spera di aver “trasformato le collere in soluzioni”, come evidenziato nella lettera inviata ai suoi concittadini lo scorso 13 gennaio. “L’incontro di martedì rappresenta la prima tappa di un tentativo di riconquista dell’opinione attraverso i punti forti che hanno forgiato l’Emmanuel Macron del 2017: grande capacità di catturare l’attenzione della sala e padronanza tecnica dei dossier”, dice al Foglio François-Xavier Bourmaud, giornalista politico del Figaro e autore di tre libri su capo dello stato francese.
C’era unanimità, ieri a Parigi, nell’analisi del primo test del grande dibattito nazionale: era dai tempi della campagna elettorale per le presidenziali che non si vedeva un Macron così brillante e disinvolto, così sereno nel difendere il suo progetto di trasformazione della Francia. “L’impressione, negli ultimi mesi, era che il presidente fosse in fondo a un burrone, e invece, martedì, abbiamo visto un pugile che è risalito sul ring pieno di energia. Ha ritrovato la forza della campagna elettorale del 2017 e ha mostrato di potercela fare”, spiega al Foglio Bourmaud, prima di aggiungere: “L’entrata in scena per il grande dibattito nazionale è riuscita, ora bisogna vedere come reagiranno i gilet gialli, che non sono più quelli di novembre: si sono radicalizzati. Di certo, Macron ha abbandonato la verticalità della prima parte del quinquennio, a favore di un’orizzontalità, di un ritorno al contatto con la gente”.
Il principale rischio per l’inquilino dell’Eliseo, secondo il giornalista del Figaro, è che questo dibattito “venga boicottato, snobbato dalla popolazione. Se così fosse, sarebbe un enorme fallimento per Macron, significherebbe che i francesi non hanno ascoltato il suo progetto per la nazione, che non credono più in lui e nella sua capacità di stipulare un nuovo contratto sociale”. Sulla questione dell’Isf, che suscita le reazioni più aspre, Macron ha affermato “che non è un tabù e nemmeno un totem”, ma che l’averla limitata solo al patrimonio immobiliare (sopra 1,3 milioni di euro), annullandola invece sugli investimenti finanziari, gioverà a lungo andare anche ai gilet gialli. “Vuole vedere se fra due anni ci saranno degli effetti pratici. ‘Se funziona confermiamo la soppressione, se non funziona la ripristiniamo’, ha fatto capire il presidente: è l’essenza del pragmatismo macronista, su ogni dossier fa un tentativo, mantiene la propria linea, andando oltre il clivage destra-sinistra”, analizza Bourmaud. A guastare la serenità di cui Macron ha dato prova durante le quasi sette ore di dibattito, potrebbe essere soltanto l’affaire Benalla. “Se ci saranno rivelazioni su un’implicazione evidente di Macron in qualche scandalo che riguarda Benalla la situazione – conclude Bourmaud – sarebbe certamente più difficile da gestire, e il dibattito nazionale ne risentirebbe”.