Tutto il medio oriente in una stanza (libanese)
Senza un governo da nove mesi, Beirut ospita nel weekend un summit della Lega araba. E gli sciiti hanno ideato un piano per far partecipare anche Assad
“I leader arabi sono d’accordo sul non essere d’accordo”. Così al Jazeera a maggio 2014 archiviava il giorno dell’ennesimo vertice di una Lega araba sempre più irrilevante. Allora, tra antichi presidenti e ricchi emiri si palesavano le prime avvisaglie di quello che sarebbe accaduto tre anni dopo, con la crisi diplomatica tra paesi del Golfo e il piccolo Qatar.
Non molto è cambiato da allora per quanto riguarda i rari incontri tra capi di stato e governo di medio oriente e Nordafrica: la Lega araba resta un’istituzione ormai indebolita e, a pochi giorni da uno dei suoi vertici, le dispute tra i suoi partecipanti non fanno che intensificarsi.
Quello che mette a nudo in queste ore gli eterni disaccordi di una regione irrequieta è un vertice economico, l’Arab Economic and Social Development Summit, dei paesi membri della Lega araba. Si terrà durante il weekend a Beirut, dove deputati e ministri locali, già impegnati a gestire le perpetue divisioni politiche e settarie, da giorni affrontano anche crisi diplomatiche.
Si litiga sulla presenza al tavolo della Siria di Bashar el Assad, su quella della Libia, colpevole per i partiti sciiti della scomparsa nel 1978 dell’imam Musa al Sadr, sulla credibilità di ospitare un summit arabo in assenza di un governo funzionante in un Libano a pezzi, e con un’economia in frantumi.
Litigi e battibecchi interni nascondono, come sempre accade in Libano, le più ampie tensioni regionali. Il governo di Tripoli, quello di Fayez al Sarraj sostenuto dalle Nazioni Unite, ha fatto sapere che non invierà nessun rappresentante a Beirut, a causa dell’insulto subito. Poche ore prima, infatti, una delle tante bandiere libiche appese assieme a tutti gli altri vessilli arabi ai pali della luce, in una Beirut che si preparava a ricevere i funzionari della regione, era stata sostituita con quella verde di Amal. Il secondo movimento sciita del paese dopo Hezbollah è stato fondato proprio da quell’imam Musa al Sadr scomparso mentre nel 1978 si trovava in visita ufficiale a Tripoli. Sulla questione dell’invito alla Libia sono state smosse perfino le alte sfere religiose sciite: il capo del Consiglio superiore sciita del paese, lo sheikh Abdel-Amir Qabalan, è stato consultato d’emergenza. Quando il premier designato Saad Hariri, che da nove mesi non riesce a formare un governo, ha dichiarato ieri d’essere dispiaciuto per l’assenza della Libia al vertice, il capo del Parlamento libanese e leader di Amal, Nabih Berri, ha reagito male. Berri da giorni chiede il boicottaggio della Libia e la posticipazione del vertice sul nodo della Siria. I suoi alleati, i deputati di Hezbollah, nei giorni scorsi hanno detto che invitare Damasco “rafforzerebbe il Libano e i suoi interessi strategici”. Senza il prolungato e massiccio sostegno militare delle milizie di Hezbollah, oggi non ci sarebbe in Siria un regime di Bashar el Assad da invitare. Nel Libano da decenni diviso tra fazioni politiche pro e anti-siriane c’è chi, anche sulla stampa locale, ha letto nel tentativo degli sciiti di Amal di riproporre l’antico scontro con la Libia attorno alle sorti dell’imam Musa al Sadr una mossa per posticipare il summit e dare maggior tempo alla Lega araba di riaprire alla Siria le sue porte. Della controversa riammissione di Damasco, espulsa nel 2011 all’inizio del conflitto intestino, si parla da settimane senza però che i paesi arabi abbiano intrapreso passi concreti.
Beirut si prepara ad accogliere tra gli altri il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, l’emiro del Kuwait sheikh Sabah Ahmad al Jaber al Sabah e altri leader la cui lista non è ancora definitiva. E lo fa senza avere un governo. L’altro motivo di controversia nel paese resta proprio questo: come è possibile organizzare un summit da dieci milioni di dollari quando da nove mesi non si riesce a trovare un accordo sull’esecutivo, l’economia è al collasso, e l’indecisione e lo stallo politico rischiano di far scappare undici miliardi di dollari di aiuti stranieri?
Il presidente Michel Aoun, un alleato di Hezbollah, punta su questo vertice per attirare l’attenzione degli investitori regionali su un Libano indebolito da anni di conflitto nella vicina Siria, dalla presenza di un milione e mezzo di rifugiati e dalle continue divisioni interne. Il rischio è invece quello di attirare l’attenzione sulle solite fratture interne libanesi, che raccontano irrimediabilmente e da decenni le più vaste divisioni regionali.