L'affaire Nemmouche
Per difendere un terrorista dello Stato islamico a Bruxelles due avvocati dicono: “E’ stato il Mossad”
New York. Giovedì a Bruxelles è cominciato il processo a Mehdi Nemmouche, l’autore del primo attentato dello Stato islamico in Europa il 24 maggio 2014 – molto prima dei massacri di Parigi e di Bruxelles. Gli avvocati di Nemmouche hanno annunciato che la tesi che sosterranno è questa: il loro cliente in realtà è innocente perché l’attentato fu un’operazione del Mossad israeliano. Non hanno fornito per ora ulteriori dettagli. Questo è il 2019, non molto meglio degli anni precedenti: la paura del terrorismo, l’antisemitismo, le teorie del complotto e il degrado del pensiero europeo sono stati fusi assieme e adesso tutti, dai due procuratori dell’accusa ai giornalisti alle famiglie delle vittime fino al colpevole, sono in attesa di ascoltare una fantasia difensiva demenziale che pochi anni fa sarebbe apparsa soltanto su qualche sito anonimo e adesso invece sarà sostenuta in un tribunale da due professionisti.
Nemmouche entrò nel centro culturale ebraico di Bruxelles con il volto in parte coperto da un cappuccio e dietro a una coppia di turisti ebrei, sparò in testa a entrambi, poi corse a sparare in fronte a un impiegato che tentava di chiudere la porta e infine raggiunse un’anziana volontaria che nel frattempo si era nascosta sotto una scrivania e uccise anche lei. Le telecamere di sorveglianza ripresero la scena, che durava un minuto e ventidue secondi e dava l’impressione che l’uomo avesse molta confidenza con le armi. Sei giorni dopo Nemmouche fu catturato alla stazione ferroviaria di Marsiglia dopo essere arrivato sul bus da Bruxelles, in un borsone aveva il fucile automatico e la pistola usati nell’attacco. Il belga è un fanatico che nel settembre 2012, appena uscito da cinque anni di prigione per i soliti reati minori, era andato in Siria, si era arruolato nello Stato islamico e aveva partecipato all’ascesa del gruppo – era stato anche coinvolto nel rapimento e nelle torture contro ostaggi europei, ai quali diceva di voler fare un’attentato in Francia il 14 luglio, festa della presa della Bastiglia – prima di tornare in Belgio per colpire. E’ un ammiratore dichiarato di Mohammed Merah, il francese di origini algerine che nel 2012 attaccò un asilo ebraico a Tolosa con una telecamera GoPro legata al petto per riprendersi mentre sparava ai bambini. Anche Nemmouche aveva una telecamera legata al petto, ma non funzionò durante l’attacco. La polizia trovò sulla telecamera un file in cui Nemmouche filmava le armi e una bandiera dello Stato islamico e rivendicava fuori campo l’attentato, come poi faranno molti altri terroristi. Il suo nome appare molte volte nelle testimonianze di chi in quegli anni operava nel nord della Siria. L’attentato al centro culturale ebraico nel maggio 2014 avrebbe dovuto far scattare l’allarme sul pericolo dei terroristi di ritorno, invece fu soltanto il preludio a una sequenza di altri attentati – incluso il massacro di Nizza che avvenne il 14 luglio 2016. Studiando il suo telefonino gli investigatori capirono che Nemmouche era in contatto con Abdeslam Abaaoud, il belga che guiderà la squadra di attentatori che il 13 novembre 2014 fece strage di civili nelle strade di Parigi e dentro al Bataclan. Di fronte a questo quadro, gli avvocati tentano la mossa a sorpresa, la carta della paranoia: il Mossad. Non salveranno il loro cliente e frange (anzi legioni, non frange) di disorientati citeranno per anni questo caso come se fosse una Prova.