“Un lavoro da formichine”. Così si è creata la leadership di Guaidó
La regia dell’operazione sarebbe in mano a due storici capi dell’opposizione venezuelana: Leopoldo López, di cui Guaidó era il numero due, e Julio Borges, leader di Primero Justicia esiliato in Colombia
Roma. “Non c’è rischio di una guerra civile in Venezuela”. Lo ha detto Juan Guaidó, il presidente dell’assemblea nazionale venezuelana riconosciuto dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale come presidente ad interim dopo la sua autoproclamazione del 23 gennaio. La reazione del regime alla sfida di piazza è feroce e ancora in corso: omicidi, arresti, torture. Quella nei confronti della sua persona è stata, per ora, più accorta. Blocco dei conti, divieto d’espatrio e l’intimidazione classica alla cubana: la polizia speciale che si affaccia nella casa di famiglia a chiedere informazioni sulla moglie. Il solito tetro teatro dell’intelligence cubana, scuola sovietica.
Guaidó si è detto certo, in un’intervista rilasciata al País, che il temutissimo bagno di sangue non ci sarà perché “il 90 per cento dei venezuelani chiede un cambiamento”.
Ciò non spiega come può escludere che un colpo di coda del regime possa far saltare la polveriera su cui il Venezuela è seduto, come la quantità di armi in giro a Caracas non sia di per sé un rischio altissimo, come pensa di tenere a bada le varie milizie nonché i narcotrafficanti dentro e fuori dal palazzo di Miraflores. Si suppone abbia avuto informate rassicurazioni in merito da generali già pronti a saltare dalla sua parte, da quei militari d’alto grado con cui ha detto al New York Times d’aver avuto contatti. E che sappia quindi per certo che i vertici delle forze armate siano stati già convinti che sia una opportunità conveniente imporre a Nicolás Maduro la necessità di andarsene, magari in esilio all’Avana, perché altrimenti non sono in grado di garantirgli sicurezza. Certo è che l’opposizione al chavismo, mostratasi dal 2002 in poi sempre litigiosissima e poco capace di capitalizzare politicamente l’infinita serie di disastri causati dal regime, deve aver lavorato di fino in questi mesi per riuscire a resuscitare intorno alla persona di Guaidó.
Sempre il País racconta che il lavoro per la costruzione della sua leadership sarebbe iniziato dopo che è saltata la trattativa tra regime e opposizione tentata in Repubblica domenicana un anno fa. Secondo questa ricostruzione la regia dell’operazione sarebbe in mano a due storici capi dell’opposizione venezuelana: Leopoldo López, di cui Guaidó era il numero due, e Julio Borges.
López, 48 anni, del partito Voluntad popular, è il più radicale degli antichavisti di lungo corso, ex sindaco di Chacao (quartiere borghese di Caracas est) incarcerato dal regime, è ora ai domiciliari a Caracas. Sarebbe stato lui a imporre ai settori dell’opposizione più moderati, inizialmente contrari ad abbandonare l’idea di un tavolo di negoziato col regime, il piano di un’autoproclamazione di Guaidó alla presidenza ad interim. López non ha mai nascosto d’avere ambizioni presidenziali. Era di fatto lui il candidato in pectore fino alla settimana scorsa.
Al País risulterebbe anche che viene attribuito a López un audio, spuntato i primi di gennaio, in cui si tracciano i passi da far compiere a Guaidó per segnare la fine di Maduro. Come ad avvisare: va in piazza lui, ma il candidato alla presidenza resto comunque io.
Borges, 49 anni, è invece il leader di Primero Justicia, altra sigla storica dell’antichavismo fondata nel 2000 insieme a López poi uscitone. Borges è esiliato a Bogotá. Da lì avrebbe tessuto i rapporti internazionali per garantire una copertura a Guaidó, incluso quelli con l’Amministrazione Trump e con il mondo che ruota attorno all’ex presidente colombiano Álvaro Uribe.
Momento di svolta, nella messa a punto del da farsi, sarebbe stata una conversazione avvenuta a Bogotá l’agosto scorso in occasione della cerimonia di insediamento del presidente colombiano Iván Duque. López sarebbe intervenuto telefonicamente in una sorta di riunione tra l’ex sindaco metropolitano di Caracas, Antonio Ledezma, Borges e il segretario generale di Primero Justicia, Tomás Guanipa. Della discussione sarebbero stati al corrente sia l’ex presidente spagnolo Felipe González sia l’ex presidente cileno Ricardo Lagos. Così sarebbe nata la costruzione della leadership di Juan Guaidó “Un lavoro da formichine” secondo la definizione di Julio Borges.