"Come si può stare dalla parte del dittatore Maduro?". Parla De Giorgi
L'ex capo di stato maggiore della Marina, appena riabilitato dopo il caso Tempa Rossa, mette in fila tutte le incongruenze del governo gialloverde sulla crisi in Venezuela
Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, chi è l’usurpatore tra Nicolás Maduro e Juan Guaidó? “Io la metterei così: contrariamente al primo, Guaidó gode di una legittimazione democratica”. Eppure il governo italiano ha scelto l'equidistanza tra i due. “Non comprendo come si possa essere dalla parte di un dittatore che ha perpetuato il disastroso regime chavista mettendo in ginocchio la popolazione, a dispetto della ingente disponibilità di materie prime”. L'art. 233 della Costituzione venezuelana è chiaro: scaduto il mandato presidenziale, subentra il presidente dell'Assemblea nazionale nell'attesa di nuove e libere elezioni. Dallo scorso 9 gennaio Maduro non è più il presidente legittimo, perciò quella di Guaidó, lungi dall'essere un'“autoproclamazione”, è piuttosto il risultato della procedura fissata dalla Carta fondamentale. “Guaidó ha agito come espressione del Parlamento per ripristinare le garanzie democratiche e condurlo a nuove e libere elezioni. L'incarico ad interim è previsto dalla legge, non vi è alcuna forzatura per tenerlo indefinitamente al potere senza il vaglio elettorale”.
Guaidó ha dovuto schermirsi dagli attacchi di Alessandro Di Battista, un attivista pentastellato attualmente privo di incarichi istituzionali, dalla professione imprecisata, che però scaglia anatemi contro questo e quello, manda a quel paese il vicepremier Matteo Salvini e, da ultimo, condiziona la politica estera nazionale. Bislacco, non trova? “Ogni strumentalizzazione per fini ideologici e partitici andrebbe scongiurata. La popolazione è ridotta in condizioni estreme. Le ripeto: come si può stare dalla parte di un dittatore?”. Russia e Cina appoggiano Maduro. “Nel loro caso, l’ideologia c’entra poco. La Russia mira ad affermare la propria sfera d'influenza in alcuni stati caraibici e sudamericani a scapito degli Stati uniti. Da un lato, Pechino compete con Mosca per non concederle un rapporto esclusivo con uno spazio geografico un tempo definito terzomondista; dall’altro, interferisce con la politica estera americana come leva di pressione sui dossier internazionali aperti, come la guerra dei dazi e le tensioni nel Mar cinese”.
La vicenda venezuelana rischia di trasformarsi in un conflitto mondiale? “Questa crisi va inquadrata nell'ambito di una sfida ben più vasta tra Stati Uniti, Russia e Cina per la ridefinizione delle aree d’influenza nel nuovo ordine multipolare, caratterizzato in modo crescente dalla contrapposizione tra la potenza egemone, uscita vittoriosa dalla Guerra fredda, e la rinascente Russia putiniana alleata della Cina”. Nel giro di pochi giorni, l’Italia ha bloccato, per due volte, il tentativo europeo di adottare una posizione comune dei Ventotto. “Un paese come il nostro, economicamente e militarmente debole, corre un grave rischio se rimane isolato dagli alleati di riferimento. La politica italiana non è nuova a questa ambiguità. Un paese con un elevato debito pubblico non dovrebbe avventurarsi in posizioni eccessivamente filorusse”. Il presidente Sergio Mattarella ha tentato, invano, una moral suasion: “Non ci può essere incertezza né esitazione – ha scandito il capo dello stato – nella scelta tra la richiesta di autentica democrazia e la violenza della forza”.
Eppure la spaccatura nel governo è flagrante, anche ieri il vicepremier Salvini ha ribadito il suo personale appoggio a Guaidó. “L'equidistanza italiana, con il conseguente isolamento a livello europeo, è un azzardo controproducente. A meno che non sia una mossa funzionale a un più vasto disegno di allineamento alla Russia. Ma in questo caso le conseguenze strategiche sarebbero devastanti”. Citando la classifica annuale redatta da Bloomberg sull’indice di povertà, lei ha detto che quella venezuelana è la peggiore economia del mondo, più vulnerabile persino della Corea del nord di Kim Jong-un. “La povertà dilagante ha favorito il proliferare della criminalità, spesso legata al narcotraffico e collusa con i funzionari governativi. Una situazione insostenibile che ha costretto il popolo alla fame e alla fuga. Secondo i dati Onu, al 2017 almeno 1,6 milioni di venezuelani sono scappati dalla propria terra, e la cifra è destinata a superare i 5 milioni entro la fine dell'anno”. Insomma, l’ideologia chavista ha fallito. “Alla prova dei fatti, si è mostrata del tutto inadeguata rispetto alle esigenze di realtà internazionali ed economie sempre più interconnesse e globalizzate. La risposta a chi ancora afferma che il chavismo avrebbe recato beneficio ai cittadini venezuelani si ritrova negli scaffali vuoti dei negozi di alimentari, nella gente che cerca di sopravvivere frugando nella spazzatura. Se il popolo non soffrisse, non rischierebbe la vita manifestando nelle piazze contro la dittatura”.
Negli ultimi dieci anni il Venezuela è stato il quarto paese del mondo in termini di investimenti nel settore petrolifero, superato soltanto da Russia, Stati uniti e Arabia Saudita. Eppure oggi Caracas estrae un milione di barili al giorno, mentre Russia, Stati Uniei e Arabia Saudita dieci. Dove finiscono i soldi del petrolio? “Di certo, non nelle tasche dei venezuelani, che vivono in una terra dove la sovranità nazionale è nelle mani di faccendieri e multinazionali concentrati unicamente sugli affari e sui proventi dell'oro nero, con la complicità delle istituzioni locali”.
Dopo l'archiviazione nel caso Tempa rossa, pochi giorni or sono lei ha incassato l'assoluzione della Corte dei conti dall’accusa di danno erariale, per oltre 15 milioni di euro, per il surplus di costi relativi a modifiche costruttive della prima fregata europea Bergamini realizzata da Fincantieri. Per i giudici i lavori, che si erano tradotti in maggiori comfort per le mense e i quadrati ufficiali, sottufficiali ed equipaggio, servivano a “rendere più efficienti le unità navali in consegna ad esclusivo vantaggio della Marina militare”. Per l'ennesima volta, i giudici le hanno dato ragione. “Che dirle? Sono contento che la magistratura abbia riconosciuto, anche in questo caso, la correttezza del mio operato. La mia vita, tuttavia, è cambiata”.