Donal Tusk (foto LaPresse)

Per fortuna che c'è la Tusk-force, che su Twitter trolla tutti per difendere l'Ue

Micol Flammini

E se si riprendesse la Polonia? Le indiscrezioni di un quotidiano

Roma. Ci vorrebbe Tusk presidente del mondo, o almeno dell’Europa se avesse un presidente, per raddrizzare questa epoca. Un Tusk custode dei valori, integerrimo difensore del progetto europeo. Inflessibile guardiano dell’europeismo dal savoir faire slavo. Algido, ma appassionato. Idealista, ma mai confuso. Per ora Tusk, ex primo ministro polacco, è il presidente del Consiglio europeo e, sarà perché è polacco – per lui l’Unione europea è una conquista senza pari, è il porto liberale al quale tutta la sua generazione desiderava approdare dopo anni di dittatura –, si vede che per lui, il suo ruolo è una missione. E’ una battaglia da condurre con la cocciutaggine di chi dice che questo baluardo di civiltà che è l’Ue non si tocca, è migliorabile, ma nessuno può azzardarsi a distruggerlo, a denigrarlo.

 

Donald Tusk non ama il compromesso, lo dice la sua carriera e lo dicono soprattutto le foto. L’ultima quella di giovedì: lui accanto a Theresa May. Lei era a Bruxelles per cercare di salvare l’insalvabile dopo il pasticcio combinato dai britannici il 23 giugno del 2016, quando votarono per uscire dall’Unione europea, e dopo l’altro pasticcio, quello combinato dal suo Parlamento che il 15 gennaio ha rifiutato l’accordo che con fatica la premier e le istituzione comunitarie avevano stretto per permettere alla Gran Bretagna di lasciare l’Ue senza troppi attriti. Nell’immagine che li ritrae, distanti e freddi, lui ha l’aria severa, l’aria di chi, contrariamente a Jean-Claude Juncker, non cede con facilità al compromesso. Il giorno prima di questa foto, Tusk su Twitter, sul suo profilo ufficiale da presidente del Consiglio, aveva scritto: “Mi sono chiesto che aspetto possa avere il girone dell’inferno che aspetta coloro che hanno promosso la Brexit senza nemmeno l’abbozzo di un piano su come portarla avanti in modo sicuro”. Un afflato di amore e di determinazione da parte di chi non smetterà mai di rimproverare al governo britannico che andarsene dall’Unione è un errore che fa male a tutti. 

 

 

Bisognerebbe osservare, leggere e analizzare ogni risposta a quel tweet che in realtà riassumeva un discorso fatto dal presidente in conferenza stampa dopo aver incontrato il primo ministro irlandese Leo Varadkar a Bruxelles. Anche Varoufakis, l’ex ministro delle Finanze greco, è intervenuto sotto al tweet di Tusk scrivendo che probabilmente il girone dei brexiteer sarà “molto simile al luogo riservato a coloro che hanno progettato un’unione monetaria senza un’unione bancaria adeguata”, sotto altre critiche che però si sono perse, sono evaporate dietro alla potenza delle parole di amore arrabbiato di Donald Tusk. 

  

  

Su Twitter trolla con abilità, ha una strategia e dopo aver fatto arrabbiare brexiteer, nazionalisti ed euroscettici, il presidente del Consiglio europeo ha incontrato anche il primo ministro romeno Viorica Dancila. Tusk si era già dimostrato dubbioso quando Bucarest stava per assumere la presidenza del semestre europeo: troppe leggi controverse, troppi politici corrotti. Ma aveva dichiarato che era fiducioso e che nessuno aveva il diritto di impedire alla Romania di prendere il ruolo che le spettava. Ma seduto al tavolo con la premier ha condannato i tentativi del governo romeno di approvare leggi che secondo l’opposizione costituiscono una violazione dello stato di diritto.

  

Particolarmente controverso è un decreto che mette i politici al riparo dalle accuse di corruzione, sottraendoli alla giustizia. Dopo l’incontro – ci sono foto che ritraggono Tusk seduto al tavolo con il sorriso sarcastico davanti alla premier romena dall’aspetto un po’ demodé, l’est che guarda l’est –, ha riservato al governo di Bucarest la stessa schiettezza dimostrata qualche ora prima con i britannici: “Forse sarò all’antica, ma credo che spetti ai giudici e non ai politici decidere chi è colpevole e chi è innocente”. E per assicurarsi che i romeni recepissero il messaggio, ha twittato lo stesso commento anche in romeno.

  

Tusk è un europeista dei più convinti, grande difensore dei valori comunitari, e spesso è entrato in conflitto con la sua nazione, la Polonia, governata dal 2015 da un partito euroscettico, il PiS, che lo accusa di aver fatto affari con Putin. Ieri il quotidiano polacco Rzeczpospolita ha riferito che Tusk sta pensando di tornare in Polonia per le elezioni parlamentari che ci saranno questo autunno e lo starebbe facendo organizzando un movimento dal nome evocativo 4 czerwca, 4 giugno: data delle prime elezioni libere che si svolsero in Polonia dopo la caduta del comunismo esattamente cento anni fa. Il portavoce del presidente del Consiglio europeo ha smentito, ma in Polonia c’è chi lo attende, e con ansia.

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