Non si può essere neutrali sul Venezuela
L’equidistanza di Moavero tra Maduro e Guaidó è già una scelta di campo
Ogni osservatore interpreta la posizione dell’Italia sul Venezuela in modo diverso. Il vicepresidente del Partito popolare europeo, Esteban González Pons, è stato l’ultimo ad accusare l’Italia di avere “sostenuto il dittatore venezuelano Nicolás Maduro”. I delegati del presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana, Juan Guaidó, che hanno trascorso gli ultimi due giorni a Roma, hanno un’interpretazione opposta. L’attivista venezuelano Rodrigo Diamanti ha detto che “tutte le forze politiche in Italia, meno una, hanno riconosciuto Guaidó come presidente ad interim”. Il discorso alla Camera del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha collocato l’Italia né con Maduro né con Guaidó. Tuttavia, le premesse di Moavero sono le stesse dei paesi occidentali che hanno riconosciuto il leader dell’opposizione. Il ministro ha detto che non riconosce l’esito delle elezioni presidenziali del 2018, in cui Maduro è stato confermato presidente. Moavero ha precisato che l’Assemblea nazionale del Venezuela, di cui Guaidó è presidente, è stata eletta in modo democratico. I deputati dell’opposizione hanno sottolineato la presunta incoerenza di Moavero: “Se riconosci l’Assemblea nazionale, come fai a non riconoscere il suo presidente?”.
Il ministro degli Esteri ha dovuto trovare un compromesso forzato tra le diverse posizioni di Lega e Movimento cinque stelle. I deputati grillini hanno ripetuto che l’Italia deve restare estranea alle vicende del Venezuela sulla base del principio di non ingerenza (che vale con Maduro, ma non con il francese Macron, come abbiamo visto). La Lega, invece, ha dialogato con l’opposizione anti Maduro. Matteo Salvini ha ricevuto i delegati di Guaidó al Viminale e ha avuto un colloquio telefonico con il leader dell’Assemblea venezuelana. Moavero ha cercato una sintesi tra due visioni opposte: il risultato è un compromesso equidistante in cui ognuno prova a vedere quel che preferisce. Ma mai come in questo caso essere equidistanti significa aver fatto una scelta: stare su un fronte politico più vicino alla Russia, alla Cina, all’Iran, alla Turchia e meno vicino all’Europa, meno vicino a chi difenda la libertà.
l'editoriale dell'elefantino
C'è speranza in America se anche i conservatori vanno contro Trump
tra debito e crescita