E tu Europa che fai? A Varsavia Netanyahu e i paesi arabi contro l'Iran
Il tweet cancellato del premier israeliano, i dispetti diplomatici tra America ed europei e il dilemma sull’accordo nucleare
Milano. Benjamin Netanyahu, premier israeliano, ha cancellato il tweet di mercoledì sera postato sul suo account ufficiale, ma nulla scompare davvero nella rete, non certo quell’espressione, “guerra contro l’Iran” che anzi è risuonata ancora più fragorosa proprio perché velocemente cancellata. “Questo è un incontro aperto con i più importanti rappresentanti dei paesi arabi che si siedono con Israele per portare avanti l’interesse comune della guerra contro l’Iran”, ha scritto Netanyahu, spiegando il senso e l’importanza della conferenza sul medio oriente organizzata a Varsavia ieri e oggi dagli americani. Il tweet è stato poi sostituito con un po’ più morbido “interesse comune nel combattere l’Iran”, ma è circolato un video in cui Netanyahu ha ripetuto il termine “guerra” (in ebraico) parlando con dei cronisti polacchi.
Il tweet cancellato e poi sostituito dal premier israeliano Benjamin Netanyahu
È una conferenza di pace o di guerra?, chiedevano ieri i commentatori, mentre arrivavano a parlare gli americani e ribadivano che la minaccia iraniana deve essere contenuta, e che i paesi arabi presenti a Varsavia erano pronti a collaborare per questo obbiettivo – Mike Pompeo, segretario di stato americano, in Europa già da lunedì, Mike Pence, vicepresidente, Jared Kushner, il genero del presidente Donald Trump (per ascoltare il suo discorso a porte chiuse, Netanyahu ha fatto aspettare un’ora il premier polacco, Mateusz Morawiecki, che lo attendeva per il loro bilaterale). Pence ha sottolineato che i paesi arabi “spezzano il pane” assieme a Israele, vogliono difenderlo, mentre le tv si riempivano di strette di mano con Netanyahu e molti resoconti raccontavano l’incontro inizialmente segreto ma poi pubblicissimo con la delegazione dell’Oman, che è un mediatore rilevante nella costituzione di questo fronte tra arabi e Israele.
Come spesso accade a questi eventi, il ruolo principale lo hanno svolto gli assenti. Il Qatar e la Turchia, ma soprattutto gli europei, che hanno per lo più mandato inviati di medio livello, con gli inglesi che si sono fermati per qualche ora (dobbiamo tornare a Londra per la Brexit è la scusa sempre valida) e Federica Mogherini, capo della diplomazia dell’Unione europea, che non si è presentata, perché questo summit avrebbe finito soltanto per evidenziale le divergenze tra le due sponde dell’Atlantico sulla questione iraniana.
E infatti è andata proprio così, oltre al dispetto diplomatico – ormai i dispetti tra Europa e America sono un genere – di aver organizzato la conferenza soltanto con i polacchi e con gli interlocutori mediorientali e non con le altre cancellerie europee. Non che ci fosse bisogno di un palco e di una platea per mostrare le divergenze sull’Iran: gli Stati Uniti sono usciti dall’accordo sul nucleare con Teheran, hanno introdotto delle sanzioni e a maggio potrebbero togliere l’esenzione per ora concessa ai paesi che continuano a commerciare con l’Iran. Gli europei stanno tentando di tenere in piedi l’accordo anche senza gli americani, ma se c’è un ambito in cui la presenza o l’assenza di una superpotenza fa la differenza è proprio questo dei trattati internazionali – per non parlare del fatto che non c’è una superpotenza “di ricambio”, nel mondo, non per l’Ue per lo meno.
L’accordo con Teheran traballa, gli iraniani minacciano di abbandonarlo, gli americani minacciano sanzioni, gli europei inventano meccanismi tecnico-finanziari per ovviare alle sanzioni di Washington, ma l’equilibrio non c’è più e difficilmente si potrà trovare. E Netanyahu ripete: non è usuale che Israele e i paesi arabi siano d’accordo in modo così netto, ma quando accade gli altri dovrebbero ascoltare.