"The Americans", una serie tv del 2013

Le spie in Belgio litigano tra loro, e nessuno controlla chi spia Bruxelles

Giulia Pompili

Controspionaggio azzoppato, ma ci sono orecchie ovunque

Roma. C’è un gran caos negli uffici dei servizi segreti di Bruxelles. E quanto riportato dalla stampa belga somiglia a un romanzo spionistico. Tutto è iniziato a fine gennaio, spiegava ieri il quotidiano belga De Morgen: il capo del dipartimento del controspionaggio, Clement Vandenborre, da quarant’anni nell’agenzia, improvvisamente ha trovato i sigilli sul suo ufficio. La sua autorizzazione ad accedere ai documenti top secret sospesa. La sua sospensione è arrivata dopo quelli che le fonti del giornale definiscono “una serie di incidenti”: tra gli altri, una volta sarebbe stato beccato a fare a pezzetti con una macchina distruggidocumenti alcuni fogli confidenziali. Il problema però non sarebbe soltanto “l’insubordinazione” di Vandenborre – scrive sempre il De Morgen – ma riguarda la coesistenza tra i servizi segreti militari e quelli civili, di cui fa parte Vandenborre. Il controspionaggio belga è composto da una novantina di persone che da Bruxelles controllano e contrastano il lavoro delle spie straniere sul territorio nazionale. La guerra che si stanno facendo i servizi militari e quelli civili in Belgio ci riguarda molto, molto da vicino. Non solo perché Bruxelles è la capitale dell’Unione europea e la sede della Nato, ma anche perché è uno dei luoghi più spiati d’occidente.

  

  

In concomitanza con l’allontanamento di Vandenborre, infatti, è venuta fuori una notizia decisamente più allarmante: un funzionario dei servizi segreti militari – quindi i rivali di Vandenborre – sarebbe agli arresti domiciliari e sospeso perché sospettato di lavorare per la Russia. Secondo le indiscrezioni della stampa, l’uomo avrebbe passato documenti riservati a una fonte serba, una donna, anche lei reclutata dai russi. Sembra che l’indagine interna sia ancora in corso, ma che l’ufficio di Vandenborre avesse già da tempo individuato il soggetto che condivideva con Mosca le sue informazioni.

 

Secondo un report di pochi giorni fa del Servizio europeo per l’azione esterna, il braccio operativo dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri, a Bruxelles ci sarebbero attualmente “circa 250 spie cinesi e 200 spie russe”. Tutti risiederebbero nelle rispettive ambasciate e negli uffici diplomatici della capitale europea. Mosca e Pechino già da anni conducono un mastodontico lavoro di raccolta d’informazioni in occidente, soprattutto lì dove il controspionaggio è carente, e si servono di una fitta rete di risorse reclutate tra i più insospettabili.

 

“La città delle spie”, titolava Politico solo sei mesi fa. “’La guerra fredda è tornata’”, ha detto a Politico un ex funzionario dell’intelligence belga, “aggiungendo che oggi ci sono più agenti operativi a Bruxelles rispetto a prima della caduta del Muro di Berlino. ‘Ci sono molti cinesi, russi, americani e marocchini in Belgio’, dice l’ex funzionario, parlando a condizione di anonimato e rivelando che negli ultimi anni il servizio di sicurezza belga ha chiesto ad alcuni agenti stranieri di lasciare il paese”. E già allora i diplomatici con sede a Bruxelles sapevano di essere spiati quotidianamente. Howard Gutman, ambasciatore degli Stati Uniti in Belgio dal 2009 al 2013, ha raccontato che nel suo ufficio nessuno poteva portare telefoni cellulari e che veniva quotidianamente fatto il controllo anticimici. Eppure, nonostante questo, alcune sue conversazioni sensibili sono fuoriuscite. Nel dicembre del 2018 il Consiglio europeo ha aperto un’indagine interna dopo che i cablogrammi delle conversazioni tra diplomatici dell’Unione erano stati hackerati, probabilmente– aveva rivelato il New York Times – da un gruppo di pirati informatici cinesi. L’altro ieri Bloomberg ha raccontato la difficile vita dei negoziatori inglesi della Brexit a Bruxelles partendo da Olly Robbins, capo negoziatore di Theresa May, che era stato così ingenuo da parlare di argomenti particolarmente sensibili in un bar della capitale belga. “Quando i negoziati per la Brexit sono iniziati nel 2016”, scrive Bloomberg, ai funzionari inglesi è stato consigliato di prestare particolare attenzione qui, guardandosi letteralmente le spalle: “Qualcuno può leggere quello che stai scrivendo sul tuo laptop o sul tuo smartphone”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.