Murray e Milne, i cervelli stalinisti di Corbyn
Rimpiangono il Muro di Berlino e inneggiano ai missili su Israele. L’inner circle che sussurra al leader del Labour inglese
Roma. “L’antisemitismo è intimamente legato alla loro politica e al modo in cui operano nel Labour”, ha detto l’ex parlamentare laburista Joan Ryan uscendo dal partito per entrare nel nuovo Independent Group. Come ci è entrato invece l’antisemitismo nel Labour? Lo ha spiegato ieri sul Times Daniel Finkelstein, che ha raccontato l’inner circle di Jeremy Corbyn, ovvero Andrew Murray e Seumas Milne.
Murray, principale consigliere di Corbyn, ha condannato “le contro rivoluzioni del 1989 che spazzarono via la maggior parte degli stati della classe operaia”. Per “stati della classe operaia” Murray intende la Cecoslovacchia e la Polonia comuniste. La caduta del Muro di Berlino? “Un battuta d’arresto storica per il progresso umano”. Secondo Murray, “il più grande pericolo che il mondo deve affrontare non è il terrorismo”, ha detto nel 2015. “E’ l’imperialismo”. Murray, già alla testa di Unite (il più grande sindacato del paese) e del Partito comunista britannico, ha detto a un comizio di Stop the War che Israele si sta “scavando la tomba”. Murray ha espresso “solidarietà con l’eroico popolo di Gaza” mentre lanciava missili su Israele. Nella corte di Corbyn, pochi esercitano più potere del suo spin doctor Seumas Milne. Un membro del Labour ha detto questa settimana al Jerusalem Post: “Non è esagerato dire che Milne è il cervello di Corbyn”. Prima di entrare a far parte del vertice laburista, Milne era un giornalista del Guardian. Figlio di un ex direttore generale della Bbc, Milne ha studiato a Winchester, una delle principali scuole pubbliche inglesi, e a Oxford. Due giorni dopo l’11 settembre, Milne ha scritto dell’America: “Non riescono a capire perché sono odiati”. Stessa posizione quando la sua città natale è stata attaccata il 7 luglio 2005, accusando il governo inglese per i kamikaze nella metropolitana di Londra.
Come Andrew Murray, Seumas Milne nutre simpatia per l’Unione sovietica. “Il comunismo in Unione sovietica, nell’Europa orientale e altrove ha prodotto rapida industrializzazione, istruzione di massa, sicurezza del lavoro e enormi progressi nell’uguaglianza sociale e di genere”, ha detto Milne dopo che l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha votato per condannare i “crimini dei regimi comunisti”.
A una manifestazione anti Israele nel 2014, Milne ha detto che “Israele non ha il diritto di difendersi”, mentre i palestinesi di Gaza quel diritto ce l’hanno, anche “con la forza”. “Il dispiegamento di missili a lungo raggio che hanno dimostrato di raggiungere Tel Aviv e Gerusalemme sta iniziando a spostare quello che è stato un enorme equilibrio unilaterale di deterrenza”, ha detto Milne a favore dei missili di fabbricazione iraniana lanciati da Hamas.
“La politica di Seumas Milne è guidata dal principio di estrema sinistra che vale la pena sostenere chiunque stia ostacolando il potere americano”, ha detto Dave Rich, autore di un libro sull’antisemitismo di sinistra. “Combina il radical chic della New Left con un grado sconcertante di cinismo stalinista”. Ricordando che Milne ha difeso la Germania dell’Est, il giornalista britannico Nick Cohen ha notato sulla Welt che “il razzismo della sinistra britannica, nel suo contenuto e tono, risale alle quasi dimenticate campagne anti sioniste di Stalin” del processo Slansky e del complotto dei medici, quando per la prima volta in Europa si fece pubblicamente uso della parola “sionista” in senso dispregiativo, per indicare un nemico.
Entrambi, Murray e Milne, sembrano la brutta copia di quella immortale figura uscita dalla penna del celebre umorista del Telegraph Peter Simple. Si chiamava Mrs Dutt-Pauker, era una ereditiera che viveva in una casa chiamata “Marxmount House”, dove collezionava gli scritti di Stalin e aveva un figlio di nome “Bert Brecht Mao Rudy Che Odinga”. Al tempo, quella figura fu oggetto di sarcasmo e divertimento, per schernire le classi ciarliere e intellettuali di sinistra nel Regno Unito. Domani potrebbe entrare al numero 10 di Downing Street. E non ci sarebbe più niente da ridere.