“Non ci sono pasti gratis”. L'avvertimento europeo sulla liaison Italia-Cina
Il memorandum tra Roma (con la Grecia e i paesi dell’est) e Pechino deve rispettare le regole dell’Ue. Le richieste di Bruxelles
Bruxelles. Timidamente, anche l’Unione europea si sta risvegliando di fronte a una Cina sempre più assertiva, pronta ad affermare il suo dominio economico, tecnologico e politico, sfruttando le debolezze di alcuni stati membri per ingabbiarli nella sua Nuova via della seta. La Commissione di Jean-Claude Juncker ieri ha adottato una comunicazione per rivedere la strategia dell’Ue nelle relazioni con la Cina, definendo Pechino come un “partner” in alcuni settori, ma anche come “concorrente economico” e “rivale politico” da cui gli europei devono proteggersi. Il documento è destinato ad alimentare la discussione dei capi di stato e di governo al Consiglio europeo del 21 e 22 marzo, qualche settimana prima di un vertice Ue-Cina. La comunicazione non contiene critiche esplicite al governo italiano per la decisione di firmare un memorandum di intesa sulla Belt and Road Initiative. Del resto, la Grecia e un gruppo importante di paesi dell’est sono già coinvolti nella Nuova via della seta.
Ma la preoccupazione a Bruxelles è palpabile. La comunicazione insiste sulla necessità della “piena unità” dell’Ue e dei suoi stati membri e sui “rischi di sicurezza posti da investimenti stranieri in attività, tecnologie e infrastrutture critiche”. Il vicepresidente della Commissione, Jyrki Katainen, ha ricordato che “tutto quello che sarà fatto sulla base del memorandum di intesa” tra Italia e Cina deve rispettare le “regole su concorrenza, trasparenza e mercati nell’Ue”. Nei progetti infrastrutturali “gli appalti devono essere aperti a tutti gli operatori economici su base di parità”. E attenzione, perché “non ci sono pasti gratis”, ha avvertito Katainen: “Gli stati membri dovranno rimborsare i prestiti” alla Cina.
La Commissione Juncker, con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, aveva accarezzato l’idea di una partnership strategica con la Cina. Ancora adesso una parte della Commissione vede Pechino come un potenziale alleato geopolitico. L’Alto rappresentante Federica Mogherini ieri ha sottolineato la necessità di mantenere “uno spirito di rispetto reciproco” e di perseguire la “cooperazione bilaterale e multilaterale su dossier su cui condividiamo interessi, dal commercio alla connettività, dall’accordo nucleare con l’Iran al cambiamento climatico”. Ma la comunicazione della Commissione segna una piccola svolta. L’Ue si è accorta che la Cina all’estero continua a comportarsi da “free rider” sul commercio (con il dumping e i sussidi in barba alle regole Wto) e da predatore in economia (con i trasferimenti forzati di tecnologia per le imprese europee che investono e la confisca delle infrastrutture della Nuova via della seta quando i paesi beneficiari dei prestiti non sono in grado di rimborsare). In più si è aggiunta la sfida sulla sicurezza. Basta che Huawei nasconda un chip nelle future reti 5G e la Cina potrebbe impossessarsi dei dati sensibili europei o lanciare sabotaggi su larga scala. I sospetti sulla Cina sono rafforzati dalle ambizioni europeiste. “Se le nostre auto avranno software americani e batterie cinesi non saremo mai una potenza”, spiega al Foglio un membro del governo francese.
La Commissione chiede agli stati membri di monitorare gli investimenti stranieri diretti come previsto da un regolamento Ue anti Cina. Inoltre, propone di agire per “salvaguardare” le infrastrutture digitali critiche da minacce “potenzialmente serie alla sicurezza” con un approccio comune sulle reti 5G con raccomandazioni anti Huawei. Infine, vuole pubblicare linee guida sulla partecipazione di società straniere agli appalti pubblici nell’Ue con una mossa anti Nuova via della seta. Rimane il problema dei paesi, come l’Italia, convinti che i soldi di Pechino siano “un pasto gratis”. Per una volta, al Consiglio europeo, Giuseppe Conte non sarà isolato. Altri 13 stati membri hanno firmato il memorandum con la Cina.