Brava Theresa
Il caso May, femmina alfa dallo stile impeccabile che nel melodramma non ha fatto una piega
Figure femminili capaci di salvare l’onore della politica, cioè il suo senso, non sono rare. Golda Meir mise mano in segreto alla grande minaccia dell’atomica per la difesa esistenziale di Israele. Margaret Thatcher avviò una grande e liberatoria rivoluzione borghese: proletari di tutto il mondo, unitevi e diventate proprietari. Indira Gandhi difese l’unità nazionale indiana contro i terroristi Sikh e sfidò il Tempio d’oro per impedire l’indipendenza del Punjab, pagando con la vita. Il caso di Theresa May è diverso, certo, ma la sostanza è la stessa. Bella donna, elegante e affluente con le sue calzature leopardate e le sue mise autorevoli e fresche, nessuna come lei ha subìto tante umilianti ordinarie sconfitte per seguire il nord della sua bussola: attivare una procedura democratica (esecuzione della Brexit) senza mettere a repentaglio la nazione (accettazione del confine aperto con l’Irlanda per evitare un distacco cieco e non contrattato con l’Unione europea).
Sopravvissuta a un verdetto elettorale a sorpresa, che le aveva tolto la maggioranza autosufficiente, ha trattato per due anni con 27 paesi unanimi e maschietti, dall’altra parte del tavolo, allo scopo di realizzare, lei ventottesima, un accordo capace di realizzare qualcosa che non aveva votato al referendum del 2016, voluto dal suo predecessore, il maschietto David Cameron. Ha sostenuto per mesi nel catino bollente di Westminster, argomentandola sempre con ragionevole fermezza e dignitose motivazioni, la tesi di ciò che è possibile, il compromesso, contro un mondo politico maschietto esploso in divisioni e ambizioni tra il capzioso e l’apocalittico, che l’ha presa a oggetto di scherno e di beffarda ostilità, e con l’opposizione doppiogiochista di Jeremy Corbyn. Ha subìto l’assalto nel suo Partito conservatore, uscendone per il rotto della cuffia. Ha fronteggiato due mozioni di sfiducia in pochi mesi, superando la prova con margine ridotto. Ha avuto le ossa rotte da voti impietosi, con margini abissali, che hanno respinto la sua linea e i risultati del negoziato da lei proposti. Zimbello del Regno Unito, considerata una donna di legno per la sua freddezza esecutiva, da femmina alfa, ha improvvisato una gioiosa danza africana e ha esercitato lo humour britannico per recuperare. E in tutto questo ha tenuto duro, si è rifiutata alla via della fuga e delle dimissioni, ha esercitato con stile impeccabile la resistenza al più clamoroso caso di bizzarria autolesionista mai verificato nella storia delle democrazie parlamentari. Ogni strada, ogni vicolo a un certo punto si è chiuso, e lei ha continuato a camminare alta e snella sulle sue scarpe basse, sorridendo per servire la politica e la patria tra lazzi, frizzi e sanguinose bastonate.
Tutto un altro mondo
Immersa nel melodramma e nel vaudeville eppure al centro di interessi e conflitti capaci di travolgere con il suo paese pezzi d’Europa e di mondo, non ha fatto una piega. Vederla parlare dall’ambone laico dei Comuni, in mezzo ai boati e alle risate e ai grugniti di una classe politica sofisticata e crassa, è stato per chi ne abbia avuto il privilegio un piacere fisico e spirituale. Avrete presente i Toninelli, i Di Maio, i Truci, beh, ecco, un altro mondo, quando il common sense è figlio della cultura politica meno ovvia e buonsensaia che si conosca. Brava May, blasonata stilista nella politica impossibile: good night and good luck.