Cosa rischia la May nel voto sul "no deal"
Stasera il Parlamento si dovrà esprimere su un'uscita dall'Ue senza accordo. La premier ha lasciato libertà di voto ma la proposta verrà probabilmente bocciata
Stasera il Parlamento britannico si esprimerà sul no deal – l'ipotesi di un'uscita dall'Unione europea senza un accordo. La mozione verrà probabilmente respinta: i laburisti e i conservatori moderati – inclusa la premier Theresa May, che oggi ha sciolto la riserva – voteranno contro. Tuttavia, la premier ha dato libertà di voto ai tories, molti dei quali voteranno a favore del no deal. I brexiteers conservatori che ieri hanno bocciato l'intesa della premier vogliono una “clean Brexit” – ovvero un divorzio brusco e senza compromessi da Bruxelles – e vedono il voto di questa sera come un'opportunità per realizzare il loro disegno. I deputati si esprimeranno anche sul cosiddetto Malthouse Compromise – nato da un'improbabile intesa tra conservatori di fazioni opposte – che è una versione attenuata del no deal. Il piano prevede che il Regno Unito esca dall'Ue senza un accordo, e poi firmi un periodo transitorio di due anni con Bruxelles per preparasi a un'uscita definitiva. La May ha concesso libertà di voto anche su questa proposta, che dovrebbe ricevere il supporto dei brexiteers e di alcuni remainers (tra cui il ministro della Difesa, Gavin Williamson, e il ministro dei Trasporti, Chris Grayling).
Stamattina il governo britannico ha annunciato cosa farà nel breve termine in caso di un mancato accordo. La scelta più importante è di abolire i dazi per l'87 per cento delle importazioni dall'Unione europea. Tuttavia, verrebbero esentati i prodotti essenziali – come la carne, le scarpe, i vestiti e le automobili – per i quali è previsto un aumento dei dazi. Lo scopo è quello di non danneggiare i produttori locali, che sono attualmente protetti dai dazi europei. Per questo, i consumatori dovranno pagare 20 sterline in più per ogni 100 chilogrammi di cheddar, e in media 1.500 sterline in più per una macchina straniera. Queste sarebbero delle misure temporanee in attesa che il Regno Unito e l'Unione europea non trovino un accordo commerciale permanente (il tempo stimato varia dai due ai cinque anni).
La seconda notizia di rilievo è che in caso di no deal, non sono previsti dazi tra l'Irlanda e l'Irlanda del nord. Questa regola ad hoc è stata inserita per evitare il ritorno di una frontiera tra i due paesi: ad oggi non ci sono barriere commerciali perché fanno entrambi parte dell'Ue. Tuttavia, la soluzione proposta dal governo sarebbe problematica. Maria Demertzis, vicedirettrice del think tank Bruegel, spiega al Foglio che “il Regno Unito potrebbe essere processato per avere violato il mercato unico europeo: l'Irlanda del nord fa parte del Regno Unito, non può avere un regime tariffario diverso. Il problema è che se la Gran Bretagna dovesse uscire dall'Unione europea senza un accordo, le regole europee non possono più essere applicate. La Gran Bretagna sarà vincolata dalle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio finché non avrà stipulato degli accordi bilaterali con gli altri paesi”. E a quel punto cosa potrebbe fare Bruxelles? “L'unica arma a disposizione è quella di applicare delle ritorsioni, come sta facendo con Donald Trump”. In caso di no deal, molti osservatori temono che l'Irlanda del nord possa diventare un “paradiso per i trafficanti”, dato che Belfast sarebbe l'unica via di accesso per fare entrare dei prodotti nell'Unione europea senza pagare i dazi.
Questa mattina il ministro dell'Economia Philip Hammond, il remainer di maggiore peso nel governo May, ha avvertito i deputati sui possibili danni di un no deal: un aumento dei prezzi e del tasso di disoccupazione e un calo della crescita. Hammond ha detto di avere messo da parte 26 miliardi di sterline, che potranno essere utilizzati per migliorare le scuole, la sicurezza e la sanità se il Regno Unito dovesse uscire dall'Ue con un accordo.