Idea per una medaglia d'oro alla Resistenza
In memoria di Lorenzo Orsetti, martire speciale dell'ultima trincea, a fianco dei curdi
Provo un irrimediabile senso di colpa per la morte in battaglia, a fianco dei curdi, di un giovane fiorentino, Lorenzo Orsetti. Leone da tastiera, il mio corpo non serve più a niente, e da molti anni, in battaglia. Ho scritto quel che sentivo e dovevo nel tempo, mi sono sentito oltraggiato dal tradimento che Trump ha imposto agli americani e dalle trame oscene di una delle regioni più disperate del mondo tra Assad e Erdogan e l’Iran e al Qaida. Ho letto tutto quello che Sofri e Raineri hanno scritto da lì, dalla casa dei curdi, e altro. Ma ora grazie a un tipaccio eccezionale e al suo magnifico testamento militare, come quando Fabrizio Quattrocchi mostrò ai suoi decapitatori iracheni come muore un italiano, i curdi ci entrano loro in casa nel segno del dolore che costa la vittoria.
In un bar del Testaccio, l’estate scorsa, sul marciapiede, seduti tutti ai tavolini, c’erano due curdi con due ragazze italiane. Mi sono fatto una sigaretta, mentre ascoltavo la loro conversazione smozzicata in inglese, ma non avevo da accendere. Uno dei ragazzi mi ha dato del fuoco. C’è stato un incrocio di sguardi tra vicini, e un paio di cose banali scambiate sulle mie cagnette stese al sole. Poi, ma dopo un po’ di tempo, ho visto il ragazzo curdo seduto vicino a me che si alzava in piedi, apriva il suo trolley, cercava confusamente e alla fine ne sortiva un accendino per regalarmelo con fare delicato e amichevole, che un vecchio occidentale spaparanzato e stanco non avesse da procurarsi altro fuoco che quello curdo. Ho pagato a tutti noi il caffè all’interno e me ne sono andato tra mille ringraziamenti. Un po’ poco, mi pare, per una guerra di indipendenza e di civiltà che aveva convinto Lorenzo Orsetti, con la solidarietà della sua splendida famiglia, a partire, armarsi e combattere.
La copertura aerea, avvertiva Lorenzo, non era più quella d’un tempo. Ma con sobrietà più che letteraria, con un tratto mitico e omerico, aveva aggiunto che qualunque cosa dovesse succedere, in qualunque imboscata potesse finire la sua vita, il bilancio era buono e moriva con il sorriso sulle labbra: “Forse”, aveva aggiunto con un ritegno che è segno di vero eroismo. I martiri dell’ultima trincea hanno qualcosa di speciale per tutti noi che siamo della razza di chi rimane a terra. A pochi giorni dalla liberazione di Roma Eugenio Colorni fu colpito e ammazzato dagli occupanti nazisti. Eugenio Curiel fu ammazzato dalle Brigate Nere a Piazzale Baracca, Milano, alla vigilia della liberazione della città. Sono due medaglie d’oro della Resistenza. Che ce ne sia una terza, nell’ultima trincea, mi sembra inutile ma dovuto.