Parliamo di Oyub Titiev
Un attivista imprigionato in Cecenia è la nuova vittima del regime di Kadyrov
"Non occorre una laurea in Giurisprudenza per capire che questo processo è un’assurdità”, ha detto Oyub Titiev. Il processo è quello contro di lui, attivista per i diritti umani, presidente dell’associazione Memorial, sessantuno anni. E’ stato arrestato, con l’accusa di essere in possesso di droga, il 9 gennaio del 2018, in circostanze strane: la polizia lo ha fermato e poi ha gettato dentro la sua automobile un sacchettino di marijuana.
Per nove anni Titiev è stato a capo di una associazione che si occupa di diritti umani, ha seguito e studiato ogni abuso e violenza delle autorità cecene che a loro volta hanno tentato di limitare il suo lavoro, di chiudergli l’ufficio, di intimidirlo. Il processo è iniziato con un forte interesse da parte della maggior parte delle associazioni dei diritti umani. La lettura del verdetto è durata nove ore infinite, poi la condanna a quattro anni. Amnesty international ha detto che la vicenda ha mostrato tutta la vergogna del sistema giudiziario in Cecenia, la Federation for Human Rights ha definito il processo “ingiusto e assurdo”. Dunja Mijatovic del Consiglio d’Europa ha detto che la condanna è “l’ultimo esempio del contesto ostile e pericoloso in cui operano i difensori dei diritti umani”.
Il copione si ripete così come in passato era stato per altri attivisti: durante la detenzione, la salute di Oyub Titiev ha iniziato a deteriorarsi, le autorità a lungo non gli hanno concesso visite mediche, l’opinione pubblica cominciava a guardare con sempre maggior insistenza a quello che accadeva a Grozny e alla fine il verdetto. La reazione della Cecenia non è stata muta: giornalisti, diplomatici, cittadini sono corsi verso il tribunale per manifestare e dimostrare al regime che quella condanna riguarda tutti. Non soltanto la Cecenia, aggiungiamo noi.
L'editoriale del direttore