Il delitto politico di Trump è in pieno sole, che c'era mai da provare?
Che cruccio, le prove. Così i liberal americani si sono fatti intrappolare in un ibrido
Ogni limite ha la sua pazienza, diceva Totò. Ogni garantismo pure. Mueller ha scoperto che non ci sono le prove della collusione di Trump con i soviet né della sua campagna per ostruire l’accertamento giudiziario. Perché? Servivano delle prove? Infatti l’Impostore in campagna elettorale aveva detto di preferire Putin a chiunque altro ed è stato eletto per la somiglianza con Putin, uno strongman che ha promesso: Make Russia Great Again, assai prima che lui si facesse vivo da quella scala mobile. Poi ha nominato Manafort capo della campagna: condannato. Poi ha nominato Flynn alla Sicurezza nazionale: condannato. Nella Trump Tower si facevano riunioni di famiglia con strani tipi e tipe per coordinarsi nell’attacco all’avversario, considerato nemico di Putin, e Mueller ha accertato che un’interferenza c’è stata: tutti assolti, mancano le prove. Il capo dell’Fbi aveva dato una mano a Trump riaprendo pubblicamente il dossier Hillary a undici giorni dalle elezioni, mentre si elevava il grido: in galera! Poi non se la sentiva di esonerare il generale Flynn dall’accusa di collusione e altro: licenziato. Su come è governato l’executive’s privilege alla Casa Bianca abbiamo qualche testimonianza giurata al Congresso, tra cui quella del broker personale dell’Impostore, l’avvocato Cohen. Che cruccio, le prove. Trump si è fatto regalare un pallone sgonfio da Putin, lo ha titillato per la sua versione dei fatti sulla collusione, gli ha creduto, lo ama perdutamente, in sostanza, e ci vogliono le prove. Uno commette un delitto politico in pieno sole, e all’ombra delle prove mancanti se la cava. Ora verranno le grazie presidenziali agli amici e agli amici degli amici o non verranno, fa lo stesso, non ce n’è più bisogno, forse. La pistola fumante non l’ha trovata nessuno, tutti sanno che il delitto c’è stato, tutti sanno che il potere in auge a Washington è inaffidabile, tutti vedono la politica estera e di sicurezza, tutti osservano la convergenza in atto su ogni fronte, dalla Siria in giù, massimamente su quello della compressione e dello strozzamento dell’Unione europea. Certe pezze a colori e le smarronate di parata non ingannano nessuno, ora ci proveranno con le tasse, come per Al Capone, ma intanto non ci sono le prove, si va verso la rielezione dell’esonerato. Bell’affare.
Quando basta la verità storica
Questi liberal americani, con tutto il rispetto per le élite che ora pencolano verso un improbabile socialismo, potevano studiare la storia di Berlusconi, altro che Trump, mai così forte come quando attaccato in giudizio di malagrazia, con accanimento, e alla fine freddato da una sentenza minore e dubbia. Potevano puntare da subito al minimo, che nel caso di Berlusconi era ridicolo perché le sue tasse pagate sono a conoscenza di tutti mentre nel caso di Trump è invece palese, delle sue tasse neanche a parlarne, e tralasciare il massimo o decongestionarlo dalle indagini, renderlo politico, chiaro, limpido, lasciando passare in giudicato una verità storica che ha bisogno solo delle sue prove specifiche, non dello special counsel. Si sono fatti intrappolare in un ibrido, malgrado gli sforzi recenti per parlare sopra tutto di sanità e economia, e ora puntano sulla recessione in prospettiva. Ma che c’era mai da provare? Poi è vero che l’Impostore ha finanziato generosamente il Pentagono (antiputiniano), ha spostato l’asse del conflitto con la Cina sui commerci, ha ridotto drasticamente le tasse, ha deregolamentato il sistema, ha fatto piazza pulita delle retoriche antropoclimatiche, ha ingaggiato una farsa con Kim e una con la Corea del sud e con il Giappone, sta cercando di mettere in mora l’Unione europea, ne ha fatte più di Carlo in Francia, e con notevoli successi veri o presunti, si vedrà. Trump è un altro che si combatte per quel che è prima che per quel che fa, però facendo attenzione.