La Thailandia al voto sembra l'Italia
Nessuno dei partiti da solo può formare un governo, si rischia ancora instabilità. “Ci vorrebbe Machiavelli per capire”
Bangkok. “Stanno accadendo cose bizzarre. Quando la politica è così confusa molti si rivolgono alla magia”, dice al Foglio Chris Backer osservando lo stagno che ospita una dozzina di tartarughe di fronte alla sua casa di Bangkok. L’anziano professore, uno dei massimi esperti di storia thailandese, sta solo ironizzando sulla confusione che ha segnato le ore seguenti la chiusura delle urne delle prime elezioni svolte in Thailandia dopo otto anni. “Tutto è possibile. Dobbiamo stare molto attenti a trarre qualsiasi conclusione”, dice facendosi più serio.
La confusione è stata segnata dal lancio di exit poll che non erano tali, poi da comunicazioni della Commissione elettorale circa l’affluenza al voto, che è bruscamente passata dall’80 al 65.96 per cento. Ma la confusione maggiore si è creata sui risultati: nella notte di domenica, mente i media locali presentavano numeri di voti riferiti a oltre il 90 per cento degli elettori, la Commissione elettorale dichiarava che quei dati potevano essere sbagliati a causa di crescenti segnalazioni di irregolarità. In seguito, la stessa Commissione ha annunciato che i risultati ufficiali saranno comunicati il 9 maggio. Come stabilito proprio per effettuare tutte quelle verifiche e controllare tutte le contestazioni previste e prevedibili.
Pur prendendoli con le dovute cautele, i risultati “ad interim” appaiono nei siti dei maggiori giornali. Ma un’ulteriore confusione è determinata dai parametri utilizzati per valutare il risultato. In termini di numero di voti ha ottenuto un successo tanto indiscutibile quanto imprevisto il Palang Pracharath, il partito costituito dai militari che hanno preso il potere con il colpo di stato del 2014. “Sebbene facilitata da cinque anni di propaganda e da un sistema elettorale studiato ad hoc dalla giunta, l’ascesa di Phalang Pracharat indica che una leadership di stampo autoritario ha un rinnovato ascendente su una buona parte della popolazione”, commenta Edoardo Siani, antropologo dell’università di Kyoto che ha focalizzato i suoi studi sugli esoterismi della politica thai.
In termini di seggi, invece, grazie al maggior radicamento su gran parte del territorio, ha vinto il Pheu Thai (con oltre il 38 per cento rispetto al 28 dei militari), il partito che è l’ennesimo avatar di Thaksin Shinawatra, ex premier deposto da un colpo di stato nel 2006, campione populista delle classi più povere ed emarginate. “Thaksin è la mitologia su cui si basa il Pheu Thai”, afferma Backer. Di fatto nessuno dei due partiti, da solo, è in condizione di avere una maggioranza tale da formare il governo. Nemmeno i militari, che pure possono contare sui seggi del senato che si sono praticamente pre-assicurati con la riforma costituzionale. Entrambi, quindi, devono formare una coalizione con partiti vicini nonché affidarsi ai voti degli inevitabili voltagabbana. In questo caso, dunque, si può prevedere la vittoria finale dei militari: sia perché possono contare su un maggior numero di voti potenziali, sia perché sostenuti da tutto l’establishment.
“La classe media, soprattutto quella di Bangkok, ha votato per la stabilità”, commenta Chris Backer. Ed è per questo che il Phalang Pracharat ha cannibalizzato il Democrat Party. Grande sconfitto di queste elezioni, il partito conservatore non è riuscito ad allargare il proprio credito oltre la ristretta cerchia di una borghesia colta.
L’opposizione appare ben più divisa. Il Pheu Thai, infatti, dovrebbe contare sul supporto del partito del grande vincitore di questa elezione, il giovane miliardario Thanathorn, fondatore del partito Anakhot Mai, il Future Forward, che ha conquistato il terzo posto per numero di voti. Almeno all’apparenza il partito è vicino alle posizioni del Pheu Thai, specie nella sua opposizione ai militari (ha proposto l’abolizione della coscrizione, la riduzione delle spese militari e la drastica riduzione del numero di generali, circa 3000, quasi altrettanti di quelli degli Stati Uniti).
Thanathorn, però, ha spesso preso le distanze da Thaksin, considerando anche lui l’incarnazione di una vecchia politica corrotta, oligarchica, incapace di far fronte alle sfide della contemporaneità. “Se Thanathorn si coalizza con il Pheu Thai è destinato a perdere. Per lui ha sempre più senso presentarsi come una terza forza”, dice Backer. Per molti suoi giovani elettori, infatti, il generale Prayut e Thaksin Shinawatra sono le due facce si una stessa medaglia, due bari seduti a uno stesso tavolo. Un’immagine ben rappresentata nei murales e nelle installazioni di Headache Stencil, anonimo autore che sta letteralmente dando parecchi mali di testa ai militari.
“Il gap generazionale è l’elemento più importante emerso da queste elezioni. Ben più importante di quanto si pensi”, dice Chris Backer. Non è solo una naturale differenza di mentalità. “In Thailandia i giovani d’oggi sono nati e hanno vissuto in un mondo profondamente diverso da quello dei loro genitori. Sino agli anni Settanta e Ottanta questo era un paese del terzo mondo, una pedina nel domino asiatico. Adesso è la seconda economia dell’Asean, un paese per molti versi all’avanguardia”. Secondo Backer assistiamo a una vera e propria mutazione genetica. Nei giovani si stanno modificando i codici stessi della cultura thai, a cominciare dal rapporto gerarchico nei confronti degli anziani, dei “superiori”. Anche per questo motivo una coalizione con il Pheu Thai, partito che rappresenta comunque i valori familiari tanto radicati nelle periferie del Regno, non sembra convenire al Future Forward. “C’è un forte rischio d’instabilità”, afferma Backer, che ipotizza la formazione di un governo guidato dall’ex generale Prayut che però “difficilmente potrà durare più di due anni”. Proprio perché conosce a fondo la storia thai, però, Backer non azzarda alcuna previsione, né si sente di escludere la possibilità di un ennesimo colpo di stato. Secondo lui con la scomparsa di re Rama IX è svanito anche il suo progetto di una “monarchia etica” che bilanciasse le crisi della democrazia, Quello che potrà fare o come potrà influire sulla politica thai il nuovo monarca Rama X è un mistero anche per Backer. “Ci vorrebbe Machiavelli per capire”.