Oggi l'Inghilterra la guida il Parlamento
Sedici emendamenti, un voto sulla proroga della Brexit: John Bercow ha licenza di uccidere. Come la leader nordirlandese Foster, che l’ha già utilizzata contro la May. A cosa dobbiamo badare oggi
Oggi è il giorno in cui il Parlamento britannico assumerà il controllo della Brexit, votando su una serie di proposte per sbloccare l’impasse che si è creato negli ultimi mesi. Questo potrebbe essere uno degli snodi fondamentali perché, per la prima volta, i deputati indicheranno la soluzione con il più ampio sostegno. È improbabile che oggi il Parlamento trovi una maggioranza per una soluzione condivisa, questo lo hanno ammesso anche i fautori di questa inedita procedura parlamentare. Però sarà importante vedere se c’è una proposta con un maggiore sostegno rispetto al piano della premier Theresa May, che il 12 marzo è stato bocciato dal Parlamento per la seconda volta con un margine di 149 voti.
Sono già stati depositati sedici emendamenti che dovranno essere selezionati dal presidente dei Comuni, John Bercow, e votati dai parlamentari alle otto di sera. Bercow probabilmente sceglierà dalle sei alle dieci proposte e, ancora una volta, avrà un enorme potere di influenzare le procedure di voto e di cambiare le carte in tavola. Lo Speaker è diventato uno dei protagonisti della Brexit, non solo per le cravatte colorate e le espressioni brusche che hanno colpito l’immaginario collettivo. Le sue scelte hanno sterzato il corso degli eventi: se non avesse negato il terzo voto sull’accordo della May (il cosiddetto MV3) oggi forse la situazione sarebbe diversa. È stato una spina del fianco per il governo, non ha avuto alcun timore a comprometterne i piani e criticarne gli eccessi retorici (vedi l’accorata difesa dei parlamentari dopo il discorso duro della May lo scorso mercoledì). Per gli euroscettici, che lo disprezzano, è stato addirittura il regista occulto che ha cercato di manomettere la Brexit in Aula.
Gli emendamenti depositati finora possono essere divisi in tre categorie: c’è chi propone il “no deal” (un divorzio dall’Ue senza accordo, su cui si è già votato in precedenza), il modello norvegese (essenzialmente una “soft Brexit) e infine il secondo referendum. La soluzione con il più ampio sostegno in Parlamento è il modello norvegese, un’ipotesi caldeggiata sia dai laburisti sia dai conservatori europeisti, incluso il deputato Oliver Letwin che ha architettato la procedura di voto ai Comuni. Stasera sarà anche il momento della verità per i sostenitori del secondo referendum, un primo esperimento per capire quanto è ampio il loro sostegno in Parlamento. L’emendamento depositato in mattinata prevede che “ogni accordo approvato dal Parlamento dovrà essere confermato in una consultazione pubblica”. Corbyn e il suo gruppo parlamentare voteranno a favore, ma ci saranno alcune defezioni. I conservatori, invece, sono ufficialmente contrari ma sono previsti dei ribelli: se questi saranno membri del governo dovranno dimettersi. Stasera si voterà anche per ratificare la proroga dell'Articolo 50 fino al 12 aprile concessa la scorsa settimana dal Consiglio europeo.
La premier Theresa May ha perso il controllo della situazione e ha subìto un affronto personale dal suo alleato nordirlandese, il Dup. Ieri la leader degli unionisti di Belfast, Arlene Foster, ha detto che non voterà l’accordo del primo ministro e che invece preferisce una proroga lunga. La scelta del Dup, apparentemente, va contro i propri interessi: un rinvio lungo comporta probabilmente una “soft Brexit” o addirittura un secondo referendum, due ipotesi alle quali il Dup si è sempre opposto con forza. Tuttavia, il messaggio implicito della Foster è che una proroga lunga è il pretesto per sostituire la May. Una beffa enorme per la premier, che negli ultimi mesi aveva sempre cercato di andare incontro alle pretese dell’alleato nordirlandese, anche a costo di compromettere i suoi rapporti con l’ala europeista dei Tory. Alcuni dei falchi euroscettici dello European Research Group, incluso il loro capo Jacob Rees-Mogg, hanno annunciato di essere disposti a votare l'accordo della premier a malincuore. Nel pomeriggio la premier incontrerà il suo gruppo parlamentare, e molti osservatori pensano che lei annuncerà la data delle sue dimissioni in cambio del sostegno per il suo accordo. Anche in questo caso, i voti potrebbero non bastare.