Il presidente americano Donald Trump al pranzo annuale dei senatori repubblicani (Foto LaPresse)

Trump il sabotatore

Daniele Raineri

Parla Frum, il saggista per nulla liberal che aveva visto tutti i limiti dell’inchiesta Mueller due anni fa

New York. È difficile confondere David Frum con i tanti liberal delusi in questi giorni dalla fine dell’inchiesta di Robert Mueller sulle interferenze russe nelle presidenziali 2016 e avviliti ancora di più dalle quattro pagine striminzite del procuratore generale Barr, che per ora è tutto quello che si conosce del rapporto finale di Mueller. Frum è un saggista che sta dalla parte opposta, nel 2001 e 2002 scriveva i discorsi del presidente George W. Bush e fa parte di quei conservatori eminenti che si sono schierati contro la presidenza Trump perché la considerano come una deriva intollerabile del Partito repubblicano e delle idee conservatrici.

 

Quando nel 2017 si cominciò a parlare di affidare un’inchiesta sulle interferenze russe a un procuratore speciale, Frum spiegò sulla rivista Atlantic che si trattava di una cattiva idea. Molto meglio sarebbe, argomentò, creare una commissione indipendente di esperti non politici, perché un procuratore speciale è inevitabilmente legato al suo lavoro di procuratore, quindi alla ricerca di prove da usare in un tribunale. Facciamo un esempio, scrisse: se un procuratore scopre che un politico è stato finanziato dalla mafia molti anni fa e ormai il reato è caduto in prescrizione non citerà il fatto perché non serve a rispondere alla sua inchiesta – quindi il dato resterà per sempre secretato – ma per una commissione d’inchiesta indipendente la stessa informazione è rilevante e può diventare pubblica. Per non parlare del fatto, proseguiva, che molte operazioni che gli americani avrebbero diritto di conoscere potrebbero non essere reati. Come definire quello che succede se un comitato elettorale si mette d’accordo con un sito come Wikileaks per coordinare le sue manovre durante la campagna? Il procuratore potrebbe lasciare fuori dalle sue conclusioni azioni che invece interessano agli elettori. Il pezzo oggi suona profetico. Mueller ha consegnato il suo rapporto sei giorni fa, dopo un lavoro durato quasi due anni e con una mobilitazione ingente di risorse investigative, ma allo stato attuale delle cose non sappiamo nemmeno quante pagine ha. 

 

Sui giornali ci si comincia a chiedere cosa contenga, perché c’è il sospetto che se il rapporto Mueller fosse così positivo per il presidente Trump sarebbe già stato desecretato con grandi celebrazioni su Twitter – e invece per ora nulla. Chiediamo a Frum se teme che ci sia qualcosa di importante che il procuratore ha lasciato fuori dall’inchiesta. “In realtà non sappiamo quello che la squadra di Mueller ha investigato oppure non ha investigato, perché il rapporto non è stato ancora reso pubblico. Abbiamo soltanto quattro pagine scritte dal procuratore generale nominato da Trump. Ci sono molte prove del fatto che Trump abbia fatto affari molto ambigui con oligarchi russi a partire dal 2006. Presto sapremo se Mueller ha indagato anche in quella direzione”. Mueller, dice Frum, non può rispondere alla grande domanda: Perché? Perché il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di lanciare due operazioni per aiutare l’elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti? Cosa vedeva in lui? Un futuro alleato fedele, che si sarebbe allineato alla politica della Russia? Oppure un agente del caos, che avrebbe introdotto nel cuore del sistema americano un elemento di destabilizzazione furiosa – come in un’azione di sabotaggio?

 

Ora Trump e i suoi vogliono partire da questa vittoria politica per lanciare una controcampagna contro gli oppositori. “Trump lancia di continuo campagne contro i suoi nemici, reali o immaginari. Ma non parlerei di vittoria. Resta questo fatto: Trump è stato aiutato ad arrivare alla presidenza da Vladimir Putin”. E le critiche contro i media, che secondo molti dovrebbero farsi un esame di coscienza? “I media più affidabili – come il New York Times, il Washington Post, l’Atlantic, tanto per citarne alcuni – hanno fatto un lavoro eroico per dissotterrare la verità celata dalle bugie enormi del presidente Trump e della sua Casa Bianca. Il presidente Trump ha negato, mentendo, che la Russia fosse responsabile dell’hackeraggio delle mail dei suoi rivali pubblicate da WikiLeaks. Ha negato, mentendo, che avesse affari in corso in Russia. Ha negato, mentendo, di avere imposto la concessione a suo genero dell’accesso a informazioni segrete, contro il parere degli esperti della sicurezza nazionale. I media hanno fatto un lavoro strepitoso durante un periodo vergognoso della storia della presidenza”. Trump sta sottoponendo il sistema politico americano a stress troppo elevati – con il rischio di degradarlo per un lungo periodo di tempo? “Sì. E di nuovo: sì”.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)