Che passione ci mette Tusk quando parla di diritti umani in Cina e degli inglesi che sono “europei”
Il discorso del presidente del Consiglio europeo ieri agli europarlamentari. Le condizioni per trattare con Pechino e la partecipazione di Londra alle elezioni europee
Milano. Donald Tusk ha parlato ieri all’Europarlamento di Strasburgo dell’esito delle sessioni di marzo del Consiglio europeo, di cui è presidente. Tre punti iniziali: “Il mercato unico deve essere approfondito e rafforzato, con particolare enfasi sull’economia digitale e dei servizi. Le barriere ingiustificate devono essere rimosse, e non si devono creare nuove barriere”. Il secondo e il terzo punto riguardano sempre politiche economiche, sull’industria – ci vogliono “misure concrete” – e sulle telecomunicazioni.
Poi Tusk si è messo a parlare dei dossier più importanti di questi giorni, con quella sua passione inconfondibile, un misto di serietà e di coinvolgimento personale. La Cina: “A parte il vertice Unione europea-Cina del prossimo mese (9 aprile, ndr), sono previsti altri incontri con esponenti politici cinesi. Per questo era molto importante mettersi d’accordo su un approccio europeo coordinato. Siamo così arrivati a una proposta che offre una cooperazione ambiziosa su questioni bilaterali e globali, compreso il commercio. Abbiamo entrambi un interesse economico cruciale nel mantenere flussi commerciali significativi, che sono possibili grazie a un sistema di scambio basato su delle regole. Perché questo sistema continui a operare, è necessario che sia aggiornato in modo rapido. Per l’Ue, questo significa che ci devono essere riforme serie della Wto sui sussidi industriali, e questa è una priorità. Vogliamo che la Cina si occupi di questa materia e sono convinto che dobbiamo continuare a insistere e non dobbiamo arrenderci. Per quel che riguarda le questioni bilaterali, vogliamo finalizzare i colloqui per gli accordi sugli investimenti già quest’anno. Ne parleremo con i cinesi nei prossimi vertici. E naturalmente, non posso immaginare che in agenda non ci siano i diritti umani. Sarò un po’ vecchio stile ma sono ancora molto convinto che i diritti umani siano importanti almeno quanto il commercio”.
Dopo aver accennato ai prossimi incontri sul cambiamento climatico e agli impegni presi in questo senso, Tusk si è messo a parlare della Brexit. Ha fatto una fotografia della situazione attuale: il Consiglio europeo ha approvato l’accordo siglato nel novembre scorso integrato con i cosiddetti “accordi di Strasburgo” (che sono soltanto cosmetici, ma questo non lo ha detto Tusk). “È stata anche presa in considerazione l’ipotesi di una proroga breve dell’articolo 50 – ha detto – La nostra decisione sull’estensione prevede due scenari: se il Withdrawal Agreement viene votato ai Comuni questa settimana, la proroga tecnica arriva fino al 22 maggio. Se il Withdrawal Agreement non viene approvato, il Consiglio si è detto d’accordo a una proroga fino al 12 aprile: in questo tempo il Regno Unito deve indicare i prossimi passi. Come ho già detto al Consiglio, il 12 aprile è una data cruciale: entro allora il Regno Unito dovrà decidere se partecipare o no alle elezioni europee. Il 12 aprile è la nuova scadenza prima del precipizio. Prima di allora, il Regno Unito ha ancora la possibilità di scegliere tra un accordo, un non accordo, una proroga lunga o la revoca dell’articolo 50”.
La fotografia è esatta, ma poi Tusk ha detto di voler fare “un commento personale” agli europarlamentari: “Al Consiglio europeo, ho detto che dobbiamo essere aperti all’ipotesi di una proroga lunga se il Regno Unito desidera ripensare la sua strategia sulla Brexit, il che implica naturalmente una partecipazione degli elettori inglesi alle elezioni europee. Alcuni hanno detto che questa partecipazione sarebbe dannosa o inopportuna per alcuni di voi. Lasciatemi essere chiaro: questo modo di pensare è inaccettabile. Non si sono possono tradire quei sei milioni di persone che hanno firmato la petizione che chiede la revoca dell’articolo 50, il milione di persone che ha marciato per il People’s Vote (il movimento per il secondo referendum) né la sempre più grande maggioranza di persone che vuole rimanere nell’Unione europea. Possono pensare di non essere sufficientemente rappresentati dal Parlamento inglese, ma devono sentirsi rappresentati da voi in quest’aula. Perché loro sono europei”.
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