La chiamano “sincera cooperazione”, sono le condizioni (dure) dell'Ue alla May
Al vertice straordinario di oggi, Bruxelles detta le regole per concedere una proroga ed evitare l'hard Brexit
Bruxelles. Il pellegrinaggio di Theresa May a Berlino e Parigi, per convincere Angela Merkel e Emmanuel Macron a toglierla dai guai, non è servito a niente: nel Vertice straordinario di oggi l’Unione europea si prepara a imporre “condizioni molto strette” al Regno Unito per concedere una proroga sulla data di uscita ed evitare una hard Brexit senza accordo venerdì a mezzanotte. La partecipazione alle elezioni europee del 23-26 maggio è la meno umiliante delle concessioni che il premier britannico sarà costretto a fare oggi. Niente rinvio limitato al 30 giugno, come chiede May per tener buoni i brexiteers del suo governo e del suo partito: la proroga della Brexit durerà almeno fino al 31 dicembre del 2019 (questa la posizione di Macron) o forse fino al 31 marzo del 2020 (questa sarebbe la data indicata dalla Merkel). Inoltre, prima ancora di andarsene dal club, il Regno Unito dovrà rinunciare solennemente al suo diritto di veto e voto nelle decisioni chiave che l’Ue sarà chiamata a prendere nei prossimi mesi: bilancio 2021-2027, accordi commerciali, politica estera e di difesa, nomina del presidente della Commissione e degli altri vertici delle istituzioni comunitarie. Come se non bastasse, la Francia e altri paesi esigono che sia instaurato un “meccanismo” di sorveglianza per verificare ogni due o tre mesi che Londra rispetti le condizioni della proroga: se il governo britannico non si comporterà sulla base del principio della “sincera cooperazione”, l’Ue potrebbe schiacciare il bottone della “no deal Brexit”.
Dietro all’espressione “sincera cooperazione” si nascondono le condizioni che l’Ue intende imporre per evitare il rischio di finire ostaggio del Regno Unito e della sua politica interna: Londra deve “astenersi da qualsiasi misura che possa mettere a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione”, dice la bozza di conclusioni del vertice. La stessa May ha già promesso di attenersi a questo principio nelle ultime righe della sua lettera del 5 aprile con cui ha chiesto la proroga della Brexit fino al 30 giugno. Ma nessuno nell’Ue sa quanto May durerà ancora a Downing Street, né come e quando andranno a finire i negoziati con il Labour, che riprenderanno dopo il vertice. Al suo posto potrebbe arrivare un brexiteer imprevedibile stile Boris Johnson. “Se cercherete di trattenerci contro la nostra volontà, vi troverete di fronte alla Perfida Albione”, ha avvertito ieri Mark Francois, il vicepresidente dell’European Research Group: “Un nuovo governo conservatore, guidato da qualcuno come Boris Johnson o Dominic Raab, potrebbe bocciare il bilancio, mettere il veto ai tentativi di maggiore integrazione militare e rendere impossibile la vita” dell’Ue. E’ esattamente questo che gli europei vogliono evitare. “Al Regno Unito non può essere consentito di mettersi di traverso a decisioni che l’Ue sarebbe in grado di prendere senza di lui”, ha detto la nuova ministra francese per gli Affari europei, Amélie de Montchalin, in un incontro con i suoi omologhi dei 27 a Lussemburgo. Per la Francia, durante il periodo della proroga, il Regno Unito dovrebbe non solo rinunciare al veto ma anche impegnarsi ad astenersi nel caso in cui il suo voto diventasse decisivo per formare una minoranza di blocco di un provvedimento europeo.
Le dure condizioni che Parigi vuole imporre sollevano dubbi dal punto di vista giuridico. Fino alla data di uscita il Regno Unito rimane un membro a pieno titolo dell’Ue, con la possibilità di revocare unilateralmente la Brexit. I paesi più colpiti da un “no deal” – Irlanda, Olanda, Danimarca, Svezia – vorrebbero mostrarsi più flessibili con la May. Il caponegoziatore Ue Michel Barnier, che aspira a diventare presidente della Commissione, vuole ancora credere che il dialogo tra la May e il Labour porterà rapidamente i suoi frutti sulla permanenza del Regno Unito nell'unione doganale. Nel Vertice straordinario di oggi Macron potrebbe ammorbidire alcune sue posizioni. Ma tra i 27, che finora sono riusciti a dimostrare un’unità inscalfibile sulla Brexit, la priorità ormai è evitare di importare il caos di Londra sul continente.